E’ uno dei progetti più attesi del 2022, senza girarci tanto attorno. Un’attesa per certi versi ulteriormente rinforzata dal primo segnale di vita, quella “You Will Never Work In Television Again” che ha per lo più convinto. E fatto anche tirare un sospiro di sollievo, anzi due: il primo perché evidentemente le due personalità più in vista dei Radiohead, Thom Yorke e Johnny Greenwood, non solo vanno ancora d’amore e d’accordo, ma vogliono proprio fare musica assieme; il secondo perché quel brano lì era ed è una bella sferzata di energia, qualcosa che va dritto al punto e recupera una immediatezza che, di astrattismo in astrattismo, di sperimentazione in sperimentazione, sia Yorke – col vertice basso delle soporifere colonne sonore per Guadagnino che rifà “Suspiria” – che Greenwood parevano aver perso. Una bella sferzata post-punk, che dal vivo assume addirittura striature che rimandano ai Joy Division.
(Eccolo, “You Will Never Work In Television Again”; continua sotto)
Questo l’abbiamo scoperto alla fine, queste delle striature addirittura un po’ Joy Division. Sì: perché nel weekend ci siamo guardati il terzo del trittico di concerti che The Smile (ovvero i summenzionati Thom e Johnny, più Tom Skinner già visto nei Sons Of Kemet), e abbiamo potuto farci un’idea completa di cosa bolle in pentola. La visione dei concerti in questione era o per pochi fortunati presenti lì in loco, a Londra, o per chi ha sborsato una ventina di euro per vedersela dal computer di casa o dalla propria smart tv: bello, intrigante, ma pur sempre un rimedio, e non vogliamo in nessun modo che questo diventi l’unica maniera per fruire la musica nei giorni a venire. La cosa buona è che The Smile invece già hanno fissato date per i prossimi mesi, date “vere”, e la cosa ancora più buona – notizia di oggi – è che ce ne sono ben cinque italiane: 14 luglio Milano (indoor, al Fabrique), 15 luglio Ferrara (per questo concerto si uniscono addirittura i due “litiganti” Ferrara Summer Festival e Ferrara Sotto Le Stelle), 17 luglio a Macerata (al bellissimo Sferisterio, e tra l’altro le Marche ormai sono casa per Yorke), 18 luglio Roma all’Auditorium e, gran finale, il 20 luglio nella magia del Teatro Antico di Taormina. Le date italiane sono realizzate grazie all’unione, ormai di fatto, tra Live Nation ed indipendente (…per gli appassionati di faccende di booking, agenzie e promoter in Italia, questa è una saga interessante – ma qui ci limiteremo a parlare di musica).
Già, la musica. Quindi? The Smile sono insomma Thom e Johnny che riscoprono il piacere di schitarrare pesanti, come se fossimo nei primi anni ’90 dell’indie alternativo, quando appunto “indie” non era la melassa pop nazionalpopolare di oggi ma una fiera dichiarazione d’appartenenza (e controcultura) artistica? Sono questo davvero? Risposta: no. E lo si capisce fin da subito. Perché l’iniziale “Pana-vision” potrebbe essere dei BADBADNOTGOOD (ed è un complimento, ovviamente), la successiva “The Smoke” è un afrobeat al rallentatore, poi ancora “Speech Bubbles” è proprio eterea. Quindi sì, sono diverse dal singolo ‘ste tracce, e no, non segnano un ritorno dei Radiohead primissima maniera, inquietudine, spleen e chitarre taglienti, restando invece nella zona più “adulta” in cui via via i suoi elementi di spicco si sono rifugiati da parecchio tempo, ovvero da “Kid A” in poi e ancora di più coi vari progetti solisti e collaterali.
Ma è buona musica? Lo è. Non sempre, ma lo è. Delle tre già citate l’unica che convince così così è “The Smoke”, le altre strappano un sette, sette e mezzo convinto. Proseguendo in quanto abbiamo sentito infatti, menzione d’onore per “Open The Floodgates” (i Boards Of Canada, con un cantato e con meno inquietudine), che ci è sembrata di gran lunga la traccia migliore, peraltro già merce d’archivio radioheadiana; tutte le altre canzoni sentite in questo concerto forse hanno bisogno di essere ascoltate più volte per digerirle e capirle al meglio, forse hanno bisogno di essere ascoltate in quella che sarà la versione su disco (dove saranno giocoforza più rifinite), forse hanno bisogno di essere rodate nella resa live, sta di fatto che hanno lasciato quasi tutte una sensazione di “Bello, bello, anche se manca qualcosa”; però il “bello” c’è, lo risottolineiamo. In qualche caso magari manca un crescendo o un’esplosione finale, in qualche caso manca un ritornello risolutore, in qualche caso manca un po’ di dinamica in alcuni passaggi. Ma sono tutte mancanze veniali. Si tratta infatti di materiale che, già così com’è e già così non del tutto perfetto, ci pare superiore a tutte le sortite yorkiane e greenwoodiane in altri progetti ad oggi (da Atoms For Peace all’etno-rock afrodesertico).
(Il video che accompagna la release del secondo singolo, “The Smoke”; continua sotto)
Anzi: la domanda che non può non aleggiare è “Ma perché tutto questo non è diventato il nuovo disco dei Radiohead?”. Già. Perché? Anche perché fai fatica ad immaginare gli altri componenti della band – meno carismatici, più tranquilli – che si inalberano con un “No, ‘sta merda non la suoniamo”. Anche considerando che, lo ripetiamo, è tutto tranne che “merda”. Evidentemente, al di là di eventuali dinamiche interpersonali che non conosciamo (…le conoscono davvero solo i diretti interessati), per Yorke e Greenwood il marchio “Radiohead” è diventato più un fardello che una risorsa o uno scudo. Il che ovviamente è un peccato. Anche se in effetti erano ormai dischi e dischi che c’era quasi una cappa di immobilità su ciò che veniva sfornato dalla ditta: bello, intelligente, intelligentissimo, ma in qualche modo statico. The Smile, anche se non è la zingarata post-punk a cui ad un certo punto quasi si credeva, è comunque una botta di vita e di multidirezionalità musicale. Ed al netto del fatto che, come dicevamo, ci sono ancora margini di miglioramento, l’interplay tra i tre sul palco pare già molto buono, e il loro scambiarsi gli strumenti e giocare con diversi assetti fa sì che la musica che viene fuori sembri fatta da sei persone, non da tre.
Un appunto: Yorke deve togliersi un po’ di ruggine dalla voce. Appesantito forse da anni ed anni di manierismo (diciamolo: Thom era sulla strada di diventare una specie di “Björk maschio”), deve ancora riprendere sicurezza e capacità di orientarsi in panorami musicali più diversificati. La cosa la si è capita benissimo nella cover tirata fuori in due dei tre concerti dello scorso weekend: quella gemma assoluta di “It’s Different For Girls” di Joe Jackson (scelta bellissima e per nulla scontata: bravi!), che onestamente Thom ha mezzo rovinato con un cantato completamente scentrato e non all’altezza (…side effect positivo: in questo modo si rivaluta il modo di cantare di Jackson, talora bistrattato ma in realtà perfettamente funzionale alle sue composizioni e non così grezzo ed approssimativo come sembra).
Tutto considerato però The Smile è una bella cosa che accadrà in questo 2022. Ed è uno dei concerti che merita di entrare nel vostro paniere degli acquisti. Sperando si possano fare. Ma considerando che nel resto del mondo già si fanno eccome, anche se Speranza non lo sa o fa finta di non saperlo, c’è ragionevolmente modo di essere ottimisti, colpi di scena e nuove varianti permettendo.
Foto di Wunmi Onibudo