In occasione della data romana di questa sera abbiamo avuto l’onore di intervistare i The xx. Ne è venuta fuori una chiacchierata in cui Oliver ci ha raccontato di come si è corso il rischio di non sentire più nulla a nome The xx, di quanto sia profonda l’amicizia che lega tutti e tre e di quanto sia difficile scrivere buone canzoni pop.
Ciao Oliver, come state?
Bene, siamo appena arrivati in Portogallo, suoneremo a un festival qui stasera.
“I See You” è stato ed è ancora un successo clamoroso, state suonando tantissimo, qual è la parte del suonare dal vivo in tour che vi piace di più?
Penso che suonare live sia divertente, per molto tempo non chiedevo di più che stare chiuso in uno studio a scrivere e registrare, che una soddisfazione che cresce piano piano. Poi invece ho cominciato ad amare suonare dal vivo in giro, perché è una cosa immediata. Vedere dal palco la gente che canta le nostre canzoni è una delle cose che preferisco di più al mondo. Adoro quando si crea questo tipo di connessione.
Ho sempre pensato che la musica dei The xx, fosse molto intimista, fatta per essere ascoltata da soli, magari in cuffia camminando per la città. È stato difficile pensare a questa dimensione live fatta anche di grossi palchi e grossi festival?
È stato un processo graduale, che è cresciuto nel corso di questi tre album. Il palco ha cominciato a farsi grande e poi ancora più grande e penso che noi siamo cresciuti con lui. Questo disco poi, credo si adatto molto bene ai palchi più grandi, anche il nostro suono è cresciuto molto rispetto al primo album.
Penso sia possibile, perché no, creare un qualcosa di intimo che ci faccia entrare in contatto con il pubblico, anche se a volte ci sono scelte per cui devi esagerare. Adesso ci spaventa molto meno l’idea di avere nel live un suono più pieno, siamo cresciuti anche in questo.
Tutte le recensioni parlano di “I See You” come della svolta pop dei The xx: siete d’accordo con questa definizione? Io credo non ci sia nulla di male nel fare musica pop, anzi credo sia molto difficile fare buone canzoni pop.
Sono davvero molto d’accordo con te! È molto, molto più difficile fare buone canzoni pop che fare dei pezzi magari astratti, eterei.
Fare pop è difficile perché hai una certa strada compositiva da seguire, fatta di determinate regole in cui devi rientrare e su cui non hai molto spazio di interpretazione. Personalmente amo molto il pop è una cosa che non ho mai nascosto e ora mi sento molto meno timido nel mostrare questa passione; credo si senta anche dentro questo album. La gente pensa che fare pop sia per forza fare qualcosa di spensierato o senza senza metterci troppo contenuto. In fin dei conti, a pensarci bene, il pop non è un genere preciso, letteralmente comprende qualsiasi cosa sia popolare.
Quando dico pop, mi riferisco essenzialmente a cose anche più strutturate come Massive Attack o Portishead per esempio, o qualunque cosa sia poi stata etichettata come “il suono di Bristol”. In quale misura vi sentite relazionati con quel tipo di suono o di vibe?
I Massive Attack e i Portishead sono probabilmente le band che abbiamo ascoltato di più. Insieme ai Radiohead sono quelle che meglio di tutti nei loro album sono riuscite a catturare e incapsulare un’era. Sono gruppi che amiamo molto, il primo disco dei Portishead è qualcosa ancora di freschissimo e per questo li rispettiamo molto.
Sono passati poco più di sei mesi dall’uscita dell’album e il mondo sembra viaggiare e cambiare a una velocità super sonica. Siete riusciti ad assorbire o a capire meglio la storia della Brexit? Come si può accettare questo tipo di scelta, soprattutto per persone come voi, che siete cittadini del mondo? Theresa May già il giorno dopo dichiarava “Brexit means Brexit” senza possibilità di appello…
Di solito usiamo la nostra voce solo ed esclusivamente per parlare di musica.
Dopo l’esito della Brexit Theresa May si è esposta per la prima volta e il risultato è stato qualcosa che non ci aspettavamo di sentire e che non volevamo. La gente in giro parla molto di questo, mio padre a proposito ha detto qualcosa di davvero interessante raccontandomi che il punk è venuto fuori durante la politica di Margaret Thatcher, perché la gente era incazzata e aveva qualcosa per cui protestare. Ecco lui mi consiglia sempre di pensare a cosa culturalmente e artisticamente potrebbe nascere da questa storia della Brexit, perché ora la gente è incazzata e ha qualcosa da dire.
In questo “I See You” può aiutare a vedere le cose con una certa serenità, è un disco molto solare. Quanto ha contribuito la terapia del colore presente nel disco di Jamie?
Guarda per suonarlo live tantissimo! Quando abbiamo cominciato a fare l’album Jamie arrivava da un anno speso in tour facendo ballare le persone. Quando ci siamo incontrati le prime volte avevamo questi demo un po’ uptempo influenzati da quello che Jamie stava producendo al tempo. Lui invece voleva fare esattamente l’opposto aveva passato parecchio tempo facendo ballare le persone e ora voleva calare il ritmo, voleva scendere con il suono riportandolo a dove eravamo prima.
Alla fine del tour di “Coexist” era scontato attendersi un nuovo album dei The xx o abbiamo corso il rischio di non sentire più nulla di vostro?
Ci è voluto tanto, troppo tempo per scrivere “ I See You” ma con il senno di poi ripensandoci ora non cambierei nulla, tutta quell’attesa ci è servita per fare in modo che questo album avesse questo suono, ci è voluto tanto tempo e questo semplicemente perché non eravamo insieme. Jamie era in giro per il mondo, Romy passava un sacco di tempo a Los Angeles, eravamo abbastanza distanti ma credimi non desideravo altro che la gente ascoltasse le nuove canzoni. Ci siamo scritti con gli altri per un sacco di tempo ma è stato difficile perché tutto il processo era un continuo prendi e lascia. Mi sentivo molto distante da Jamie e Romy ed è durissimo lavorare quando sei preoccupato per l’amicizia, soprattutto se questa arriva prima di tutto. C’è stato un momento in cui ho creduto che crescendo avremmo preso strade diverse, ma è stato solo perché volevamo vederci di persona, invece ci sentivamo solo via messaggio ed era facile proiettare le proprie paure sull’altro. È bastato ritrovarsi tutti e tre nella stessa stanza per capire che nulla era cambiato.
In effetti vi seguo sui social e mi sembrate inseparabili, mi sembra che questo tour vi abbia unito ancora di più…
Oh si! In definitiva loro sono i miei due migliori amici. Le cose sembravano compromesse ma non ce lo siamo mai detto così apertamente, però sono sicuro che Romy e Jamie sapessero cosa provavo. Nel frattempo i magazine cercavano a tutti i costi qualcosa che sapesse di dramma perché è questo quello di cui vanno in cerca, in realtà però la nostra amicizia non si è mai interrotta.
Come trascorrete il vostro tempo durante le pause del tour ? Riuscite a godervi le città dove suonate o a pensare a nuova musica?
Sai una cosa? Ho continuamente in testa nuova musica! Lo sai, mi trovo meglio a scrivere musica piuttosto che ad avere una conversazione, è questo il mio modo di comunicare, spesso anche con Jamie e Romy. Quindi sì, sto assolutamente pensando a nuova musica, come sicuramente ci stanno pensando anche gli altri. Appena ne avremo l’opportunità cominceremo a confrontarci noi tre, penso verso la fine dell’anno.
Quindi finito il tour ci potremo aspettare qualcosa di nuovo firmato The xx o magari vi butterete in qualche progetto in solitario? Oliver, non mi risulta difficile pensare ad un tuo progetto solista, una cosa alla Bon Iver o alla James Blake. Magari adesso mi sbaglio e finisce che ti vedo fare il matto sul palco tipo Thundercat.
(Scoppia in una risata lunghissima, ndr) Mi piace questa tua idea! Quando il tour finirà, credo avverrà tra tanto tantissimo tempo, vorrei fermarmi un po’ e poi ripartire velocemente. Non mi piace stare senza avere un obiettivo, senza avere qualcosa a cui lavorare. Non sto bene se non ho nulla su cui riversare la mia creatività. Per ora non c’è nulla di certo, non so se andrà come dici tu.
Dopo averci deliziato con le bellissime illustrazioni per il Purpose Makers di Motor City Drum Ensemble e per la storia di Kompakt Records, Daniele Saccardi, nelle vesti Ultra Pulp, torna ad arricchire le nostre pagine con un bellissimo lavoro.