Berlino è una città meravigliosa, soprattutto per gli artisti. Vibrante, pazza, libera, multiculturale e passionale, se si nasce e si cresce nella capitale tedesca, sicuramente si viene influenzati dalla sua storia politica e musicale. Grandi spazi, vento freddo, nuvole basse ed emozioni profonde si fanno largo tra le vene e sotto la pelle senza lasciarti mai. Questo è solo un assaggio di ciò che i The/Das ci raccontano in questa intervista, parlandoci anche del loro recente EP “Drug Dilling” e del nuovo album “Exit Strategies” in arrivo l’8 settembre su Life And Death (pre-order qui). L’ispirazione viene guidando una bicicletta per una città che non dorme mai, scoprendone gli angoli più bui, cercando di trovare la parte più tenera della techno più dura. Si tratta di un mix tra la musica e le emozioni che essa trasmette. È un viaggio attraverso la passione e la dedizione per raggiungere il suono perfetto, quello in grado di sorprendere e di far innamorare l’ascoltatore della sua parte più profonda.
Berlino è una città che si attacca alla pelle non lasciando scampo a nessuno, soprattutto a chi all’ombra del Reichstag ci è cresciuto. Quanto influisce la vostra città sulla musica che producete? Quanto vi sentite legati alla capitale tedesca?
Ultimamente giro parecchio in bici di notte e mi stupisco sempre nel vedere come ogni due minuti ci si ritrova in un “Kiez” (vicinato, NdI) che ha un vibe completamente differente da quello prima, anche se per strada non si incontra nessuno. Questa eterogeneità è davvero stimolante e in un certo modo influisce anche sulle nostre produzioni. Come duo, ci confrontiamo spesso su come deve suonare un determinato pezzo, ma essendo due persone distinte abbiamo anche punti di vista differenti: è quindi di vitale importanza fidarsi l’uno dell’altro cercando di dare una struttura coerente ai vari frammenti. Se presti attenzione, è una cosa che puoi percepire nella nostra musica e se ti dedichi completamente all’ascolto puoi sentire come a un certo punto tutto cambi completamente direzione. Penso che questo sia ciò che ci contraddistingue le nostre produzioni e quindi si potrebbe dire che Berlino non ti fa sentire “a caso” ma semplicemente più eclettico. Quello che le persone spesso dimenticano è che molte volte bisogna scoprire e sperimentare percorsi diversi per arrivare al risultato, questo accade sia nella musica, che a Berlino. Immagino che nulla ci possa staccare da Berlino, ma se te ne prendi cura, lei ti restituirà amore anche se in un modo che non è quello che ti aspetti.
Tantissimi artisti si spostano a Berlino per cercare di avere uno spazio nella scena, soprattutto perché la capitale tedesca dà sicuramente più chance di suonare e sviluppare i propri progetti. Come avete visto cambiare la città negli anni? È sempre stato così, o ultimamente questo fenomeno si è intensificato?
C’è ancora tanta gente che si trasferisce qui, alcuni trovano una nuova casa e si fermano, altri se ne vanno non appena pensano ci sia qualcosa di meglio altrove. Entrambi questi tipi di persone sono molto importanti per la scena musicale berlinese e per la cultura in generale. Una città che non cambia mai è come se rimanesse sempre allo stesso punto: alcune volte bisogna confrontarsi con il cambiamento per trovare il giusto stimolo. È vero che alcuni quartieri sono profondamente mutati diventando più chic e quindi maggiormente orientati al guadagno, ma che c’è ancora talmente tanto spazio che continuamente nascono nuovi progetti in tutta la città nonostante gli affitti in aumento e il capitale di rischio aumentino ogni anno sempre più. Sicuramente gli artisti possono arrivare qui con maggiore facilità, ma si devono guadagnare il loro spazio. Prendi la musica nei club ad esempio: ci sono così tanti club e tante possibilità di suonare, ma allo stesso tempo la concorrenza è diventata molto più spietata negli ultimi anni. Questo perché ci sono tante persone capaci che possono reperire musica di un certo tipo più facilmente: essere dj è molto più semplice al giorno d’oggi.
È particolare vedere la parola “techno” accostata a “dolcezza”. Qual è il significato di questo binomio? Come lo interpretate nei vostri dischi? E quanto Life And Death rispecchia il vostro concetto di “techno tenderness”?
Con “techno tenderness” in un certo modo si intende quel tipo di musica che ad un primo ascolto appare decisa e convincente, ma che è anche capace di risvegliare e toccare emozioni più intime. Creare un suono del genere richiede un’attenta cura per mettere insieme gli elementi che accompagnano a queste sensazioni. Il suono Life And Death ha da sempre una componente molto emozionale, quasi una vena più malinconica rispetto alla musica per la quale siamo conosciuti, ma sia l’etichetta che la nostra musica hanno in comune energia e passione. Abbiamo tutti un alto livello di coinvolgimento, dedizione e impegno in ciò che produciamo. Ad esempio, se ti capitasse di incontrare personalmente il fondatore della label DJ Tennis, vedresti come lui è l’esempio perfetto di ciò che voglio dire, è una persona che riesce ad equilibrare perfettamente nel proprio lavoro concentrazione ed emozione.
“Freezer”, ultimo lavoro pubblicato ormai tre anni fa su Sinnbus, è un album dalle sonorità a tratti malinconiche e se vogliamo, più da ascolto. Dopo tanto tempo esce “Drug Dilling che è invece una carica di synth e sonorità più adatte ad un dancefloor. Quali emozioni volete comunicare con il nuovo lavoro?
Molti dei lavori più recenti sono decisamente più orientati verso il dancefloor anche se mantengono ancora alcuni elementi da “ballata elettronica”. Con l’EP ci siamo concentrati più sul lato potente delle tracce mentre l’album naturalmente ha i suoi momenti più tranquilli e introspettivi. Il mondo emozionale che vogliamo raccontare ha tante sfaccettature differenti. Qui abbiamo cercato di trasmettere sensazioni che crescono dentro l’ascoltatore e un flusso che in un secondo momento lo soprenderà. Affidarsi alla totalità dei suoni è cruciale in questo frangente anche perché a volte sono proprio loro che già di per sé aggiungono una componente emotiva.
I primi EP sono usciti sulla nostrana Life And Death per poi vedere la release di un EP e un LP tra il 2013 e il 2014 sulla berlinese Sinnbus e ora di nuovo Life And Death. Quanto siete cresciuti durante questi anni? Come il vostro percorso artistico vi ha riportato verso la label italiana?
Si tratta di aprirsi a più lati del proprio lavoro, quindi “crescere” non significa soltanto suonare ogni anno davanti a grandi folle, ma anche affermarsi come artisti. A volte c’è la volontà di prendere nuove direzioni o sviluppare aspetti già presenti nella propria musica. Dopo che abbiamo capito che avremmo prodotto il nuovo album come duo, sapevamo che il nuovo lavoro sarebbe stato orientato verso sonorità più elettroniche. I ragazzi di Sinnbus sono amici da tanti anni, ma siamo sempre rimasti in contatto con la Life And Death, incontrandoci di tanto in tanto in studio o a cena fuori. È stato naturale ad un certo punto chiedere a Manfredi la sua opinione sul nostro lavoro e dopo poco è stato chiaro che ci fosse interesse nel lavorare assieme. I ragazzi di Sinnbus sono ancora con noi e ci aiutano per quello che riguarda questioni organizzative di vario genere, ci riteniamo quindi molto fortunati ad avere entrambe le label coinvolte con noi.
“Drug Dilling” è un nome davvero interessante. Come è nato questo titolo? A cosa si riferisce?
Il titolo così come i testi sono tratti direttamente da un documentario di musica. Fa riferimento al concetto che vedere le cose sotto un altro punto di vista è possibile anche se spesso ci sembra difficile. È come se si trattasse di un mantra che aiuta a ricordare anche la potenzialità di qualcosa che non è ancora stato fatto. Abbiamo un video musicale pronto a uscire nelle prossime settimane che approfondisce ulteriormente questo concetto con una bella ma impegnativa serie di immagini che sono state girate nel sud del Marocco.
Il brano “Drug Dilling” è stato remixato da DJ Bone, che gli ha dato un’impronta più “latina”, mentre la versione originale alterna synth e riverberi creando un viaggio sicuramente più introspettivo. Com’è nata questa collaborazione?
DJ Bone era il nome ricorrente nella mente di tutti quelli coinvolti nella creazione dell’album. Volevamo un remix che spaccasse e che fosse completamente club-oriented, ma che allo stesso tempo fosse coerente con il resto dell’EP e questo è esattamente quello che il leggendario DJ Bone ci ha dato. Lui è davvero una persona molto umile con cui abbiamo lavorato molto bene.
Ispirazioni e amori. Chi sono gli artisti a cui vi sentite più legati? Quali sonorità vi influenzano maggiormente mentre create la vostra musica?
L’ispirazione può arrivare in tanti modi diversi. Spesso la prendiamo fuori dal contesto musicale, ad esempio dagli scrittori o persone che lavorano nel campo delle arti figurative, o anche solo dalle esperienze di tutti i giorni che ti rimangono più impresse. Innamorarsi dell’inaspettato spesso è quello che ti fa andare avanti. Cerchiamo sempre di seguire suoni che immediatamente trasmettono sensazioni e creano scompiglio tra le emozioni, sono suoni saggi, autentici, capaci di aggiungere quel tocco di magia alla musica.
Vorremmo conoscere meglio Anton K. Feist e Fabian Fenk. Se vi chiedessimo di descrivervi con un disco a testa, quale scegliereste e perché?
In realtà, già ascoltando “Exit Strategies” si può imparare molto su di noi, principalmente cose che non potremmo descrivere se non con la musica. È il terreno comune su cui lavoriamo. È il risultato del sangue, del sudore e delle lacrime che entrambi abbiamo versato per realizzare questo disco.
Il futuro è adesso, ma non si smette mai di lavorare. Che cosa bolle in pentola per i mesi a venire?
Per i primi di settembre uscirà il nuovo album e siamo davvero molto eccitati: ci sono anche due video già pronti. Siamo anche molto impazienti per le gig in arrivo e i nuovi DJ-Mix naturalmente. Inoltre suoneremo molto di più dal vivo, il che ci elettrizza parecchio. Per un po’ potremmo abbandonare la solitudine che ci ha accompagnato in questi mesi in studio, ma non troppo a lungo! Non ci piace stare con le mani in mano e ritorneremo al più presto all’opera per lavorare su del nuovo materiale.
ENGLISH VERSION
Berlin is a wonderful city, mostly when you are an artist. If you grow up in that city you will be influenced by its political and musical history. Big spaces, frozen winds, low clouds and warm emotions get into your bones and never leave you. Music is all around you and you become part of it. That’s what our duo The / Das will tell us in the interview below, talking about their recent EP “Drug Dilling” and their new album “Exit Strategies” (Life And Death, release date 8th of September, pre-order here). Inspiration comes riding a bike around a city that never sleeps, discovering its darker corners, trying to find the tender side of techno, it is the mix between music and emotions. It is a journey through passion and dedication to reach the perfect sound that can both surprise and make the listener fall in love with the deepest part of it.
Berlin is a city that gets in to your bones and never leaves, especially for those who grew up in the shadow of the Reichstag. How much does your city impact on the music you produce? How attached are you at the German capital?
Lately, I’ve often been riding my bike through the city at night. What I find amazing is that every two minutes you come across a small Kiez that has a totally different vibe than the one before, even if nobody is out on the street. This heterogeneity can be really stimulating and in a way it affects our productions as well. As a duo we share a lot of ideas about how our pieces should sound but we also have our differences, so it’s vitally important to trust each other and be sure that in the end we will be able to build a coherent structure from all the little fragments. If you’re attentive you can trace these in our music a lot and even imagine at which points they could have gone a totally different way. I think that’s where our personal style as producers shines through and you might say that like Berlin it doesn’t feel random but eclectic. What more and more people forget though is that you also need to fight for the room to experiment and the structures that allow you to look for different pathways – both in music and in Berlin. I guess you cannot take the city out of us and If you take good care of it, it will give back the love even though it might be in a way you haven’t expected.
Many artists move to Berlin trying to get their own space in the show, especially because in the German capital artist definitely have a bigger chance to play and develop their own projects. How did the city changed over the years? Has this always been the case, or does this phenomenon has intensified lately?
There is still a lot of people moving here, some find a new home, others leave as soon as there is a new supposedly hot spot. Both is very important for the music scene and culture in general. A city without change is like the daily grind: At times one needs to be confronted with something other than the same old to stay on top of the endeavours to come. A few former hip quarters have developed into areas where everything seems comparably more money-driven, but since there is still space a lot of fresh projects pop up all across town. Rising rents and venture capital definitely overlap more and more each year, though. Artists can get by here easier but still they have to earn their chances. Take club music for example: There are so many clubs and so many possibilities but at the same time competition got a lot higher in the last years because there is so many people that are eager to play, it’s easier to obtain a highly specialized music collection and DJing is more accesible nowadays.
Absolutely exceptional seeing the word “techno” right next to “sweetness”. What is the meaning of this binomial? How do you interpret it in your disks? How much does Life and Death express your concept of “techno tenderness”?
If you take the concept of ›techno tenderness‹ in a programmatic fashion you would want to make music that is invasive and convincing on first listen but also gives room to the small hunches to cut through the bigger picture. It demands a careful handling of all these sensations and the elements you have available. Life and Death’s sound had always have a very emotional side to it, even if it might have been more dramatic than the music we are usually known for. Still, both the label’s and our music is highly energetic and passionate. We all share a very high level of involvement, dedication and commitment to what we produce. For example, if you have ever met the label head DJ Tennis in person you know that he gives a very good example of an emotion-led but very focused approach to the things he works on.
”Freezer,” the last work published three years ago on Sinnbus, is a melancholic album. Possibly more listening. After long time comes “Drug Dilling” which is instead a synthesizer of synths and sounds more suited to a dancefloor. What emotions do you want to communicate with your new work?
A lot of the newer works are definitely more dancefloor-oriented but still they often retain some element of electronic songwriting. With the EP we focused more on the powerful side of the tracks while the album of course has its quieter and calmer moments. The emotional world we want to portray there is definitely a multi-faceted one. Here we looked for a sensitive quality that grows on you and a flow that give you the opportunity to be surprised at a later point. Trusting the movements of the sonic totality is crucial here. Sometimes the sounds even do their own thing and add a certain emotional quality to the pieces all by themselves.
The first EPs were released on “Life and Death” and then an EP and a LP between 2013 and 2014 on Berlin’s Sinnbus and now again Life and Death. How much have you been growing over these years? How did your artistic journey bring you to the Italian label?
It’s all about staying open for different angles on your own work, so growth doesn’t only mean to play bigger audiences each year but also to reassure yourself as an artist. At times you just want to try and test new directions or extend already present aspects of your music. After it became clear that we would produce the new album as a duo, we knew that it would have much stronger focus on the electronic part. While Sinnbus are friends from way back over the years we have always been in contact with Life and Death and occasionally met in the studio or just had dinner together. It just came naturally to ask Manfredi for his opinion on what we did and quite soon after it was clear that we want to work together. The people from Sinnbus are still on board and helping us in organisational matters, so we are very lucky to have both involved in some form.
“Drug Dilling” is a really interesting name. How was this title born? What does that mean?
The title as well as the lyrics are taken straight from a music documentary. It plays with the notion that another way of working things is always possible although it might not be apparent all the time. Through the mantra-style repetition it serves as a reminder for the not yet actualised potentials. We have a music video landing in the next few weeks that further enhances this with a beautiful but haunting set of images that were shot in southern Morocco.
The song “Drug Dilling” was remixed by DJ Bone, which gave it a more “Latin” look, while the original version alternates with synths and reverbs creating a surely more introspective journey. How did this collaboration come about?
Everyone involved had a few remixers in mind and DJ Bone was on each and every list. We imagined to have a heavy hitting remix for club use only that complements the rest of the EP very well and that’s exactly what this legend delivered. He is a very humble person and great to work with.
Inspirations and love. Who are the artists you feel most connected to? Which sounds affect you the most when creating your own music?
Inspiration can come in many different forms. We often take it from outside the music domain, for example writers or people occupied with the fine arts, and even just from rather ordinary experiences with a little twist that keeps growing on you. Falling in love with the unexpected often is what keeps you going. Sound wise that means that we try to follow sounds which instantly convey a certain feeling or mess with your senses a bit – sounds that just add that special something to your music.
We would like to know more about Philipp Koller and Fabian Fenk. If we asked you to describe it with a record, what would you choose and why?
Actually, when you listen to ›Exit Strategies‹ you can learn a lot about us that we couldn’t describe otherwise. It’s the common ground we work on. It’s the result of the blood, sweat and tears both of us have put in to make this record.
The future is now, but it never ceases to work. What’s boiling in the pot for the months to come?
We’re super excited for the album release in early September and we have two more videos coming up for tracks from that record. Always looking forward to making new DJ-Mixes and playing DJ-gigs, of course. Also we’re going to play more live gigs which are electrifying as well and a welcome change to the seclusion of the studio. But since we can’t keep our hands still we need to go back to the studio and work on new material.