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[tab title=”Italiano”]These Hidden Hands nasce dalla collaborazione tra Alain, master engineer proprietario di “One Million Mangos”, studio di registrazione parte fondamentale della scena indipendente berlinese ed una delle personalità più importanti nella nuova generazione techno, Tommy Four Seven. “Hidden Hundred” è la piattaforma espressiva del loro disegno sperimentale, dimostrazione che a volte il risultato artistico della sofisticata simbiosi di due menti possa sorgere dall’oscurità sotto forma di sincera introspezione musicale che rende piacevolmente possibile anche quella di chi ascolta. Il tutto è frutto di naturalezza espressiva come modo di esternare sensazioni, un prezioso “sfogo di idee” che si trasforma in suono. “These Hidden Hands” è la perfezione nella forma di uno spontaneo linguaggio che ne rende affascinante la comprensione.
Quali influenze, oltre che geografiche, hanno caratterizzato i vostri singoli avanzamenti professionali? Da dove arriva la vostra inspirazione ora?
Alain: Per un musicista, l’ispirazione per far musica è sempre presente, in un modo o nell’altro, ma per me il più importante fattore nel perfezionamento delle mie abilità di sound design viene dalle mie conoscenze in mastering. Sebbene questo non cambi le tue idee o punti di vista di sorta, avere un orecchio meglio allenato può significare trasformare l’esatte idee che hai in mente in musica, piuttosto che solo girando manopole fino a che qualcosa suona bene.
Sono molte oggi le realtà di personalità artistiche che intraprendono collaborazioni al fine di rincorrere nuove forme sonore insieme al proprio partner musicale. Il risultato è inevitabilmente l’unione dei rispettivi stili oppure può conseguirne qualcosa di assolutamente nuovo ogni volta?
Tommy: Nel caso di “These Hidden Hands”, scommetto potrebbe risultare difficile per chiunque riconoscere da chi proviene un certo suono, dato che i nostri progetti individuali sono molto diversi. La cosa positiva del duo è che siamo uno sfogo di idee che non devono per forza adattarsi al dancefloor, quindi possiamo scrivere quasi tutto quello che vogliamo. Comunque non penso che il nostro sound sia l’inevitabile combinazione dei nostri due stili, prendiamo definitivamente la direzione che vogliamo e scriviamo musica seguendo la determinata sonorità a cui stiamo mirando, piuttosto che limitarci a guardare cosa casualmente viene fuori.
Credete sia possibile, potendo servirsi di due menti, avvicinare una paradossale perfezione espressiva? O addirittura 4 mani potrebbero ancora non essere sufficienti?
Alain: A volte dove troppi galli cantano, davvero non fa mai giorno. Quando componiamo è quasi sempre una sola persona alla volta che lavora ad una traccia e appena finito ci scambiamo i file così che l’altro possa proseguire il lavoro. Dunque ci sono raramente quattro mani tutte insieme. La mia definizione di perfezione espressiva musicale è ottenere un sound o un concetto musicale soddisfacentemente simile a quello che avevi in testa e a cosa ti aspettavi dal pezzo. Per me, il mancato raggiungimento di ciò significa che la traccia sia semplicemente incompleta. E’ inusuale per noi definire chiusa una traccia e farla uscire se non è almeno al 99% uguale a come avremmo voluto farla suonare. Cosa le altre persone pensano o la maniera in cui vedono la perfezione espressiva, non ci riguarda.
Le varie sfaccettature di un musicista, aumentano in maniera esponenziale quando si sommano a quelle di qualcun altro. Considerando ciò si può prevedere l’obbiettivo finale al quale si intende mirare?
Alain: A volte ragioniamo su un concetto o sull’idea di come qualcosa dovrebbe suonare più a lungo di quanto impieghiamo a comporla.
Tommy: Si! Credo possa aiutare molto sapere cosa si ha intenzione di realizzare prima di provare a farlo. La spontaneità è cosa buona ma ci sono più possibilità che non vada come ci si aspetta proseguendo in maniera del tutto casuale.
Durante la produzione avete l’idea del tipo di pubblico al quale vi vorrete proporre? Nel corso della maturazione del proprio linguaggio si può continuare ad attirare l’attenzione sempre di un determinato interlocutore?
Tommy: Con “These Hidden Hands” si tratta più che altro di condividere musica con un pubblico e vedere se qualcuno la apprezza, piuttosto che provare a comporre seguendo pre-concetti mirati ad un audience immaginaria. Quando cerchi solo di compiacere qualcuno perdi il potenziale di sperimentazione.
Quando in studio si è in due, è possibile riconoscere il contributo che ognuno dà al risultato produttivo mediante determinate competenze rispetto all’altro, o grazie ad una preziosa intesa il tutto può fondersi con naturalezza, portando al raggiungimento di un inaspettato tutt’uno?
Alain: Molto spesso ci piace come ognuno ha contribuito alla traccia quando ci rimandiamo indietro le sessioni. Credo sappiamo entrambi cosa stiamo facendo, abbastanza da scrivere un pezzo e sapere dove ci sta portando. Sperare che dei suoni a caso messi insieme in qualche modo si trasformino in una traccia decente non è il nostro usuale piano d’azione. In ogni caso, riconoscere il lavoro di uno e dell’altro potrebbe risultare difficile perché ognuno di noi può arrivare e cambiare tutto in modo che lo stesso sound diventi irriconoscibile o rimpiazzarlo con una nuova migliore versione della stessa cosa, quindi di chi sia il contributo non è sempre chiaro.
Tommy: Per quanto riguarda l’armonia, portiamo sempre un lavoro al punto in cui entrambi ne siamo soddisfatti, ma questo può significare abbandonare o rifiutare molte idee durante il percorso. La decisione di come procedere avviene sempre in maniera diversa rispetto ad un progetto da solista.
Il progetto “These Hidden Hands” si presenta come il perseguimento di musicalità del tutto innovative. Credete che in qualche modo questo possa anche manifestarsi nel modo in cui si mette insieme un set? Quanto spazio c’è per la sperimentazione nella scelta della sequenza di un mix, nell’accostamento di stili e ritmiche diverse?
Tommy: Esibendoci live abbiamo provato a trovare un equilibrio tra il mantenere la familiarità della nostra musica già esistente pur lasciando molto spazio all’improvvisazione. Quindi ogni volta che suoniamo un set è molto diverso a causa del nostro set up live.
Rinomate celebrità per il panorama techno sperimentale contribuiscono all’immagine sonora di “Hidden Hundred”. Ricercata selezione delle migliori mentalità underground moderne. Su quale ideale si fonda la vostra label?
Tommy: “Hidden Hundred” è la nostra distribuzione musicale per qualsiasi cosa vogliamo far uscire, fino ad adesso questo si è solo manifestato per i nostri album e ed i remixes, non limitiamo la sonorità o l’obbiettivo dell’etichetta, ma allo stesso tempo non è una label “aperta”. Non accettiamo demo. E’ più di una piattaforma per produrre la nostra stessa musica.
Una rapida discussione con James Kronier sui vari formati attraverso i quali si può scegliere di volersi proporre oggi, il famigerato “calore” del vinile fino a ritornare addirittura a ricercare lo “sporco” del rumore di fondo di un tape. Esistono ancora degli standard di mercato? Quanto rimane importante il mastering e la rincorsa di una oggettiva qualità sonora nel contesto moderno?
Alain: Penso che al giorno d’oggi la qualità di un mastering sia estremamente importante perché c’è un sacco di gente che li fa. Se non sei molto bravo nel farlo ci sono un sacco di altri master engineers che stanno aspettando di fare un lavoro migliore. Detto questo, ci sono migliaia di persone che si ritengono master engineers ma ovviamente non hanno la strumentazione adatta per esserlo davvero. Nel mio studio di mastering “One Million Mangos”, lavoro soprattutto per release digitali online adesso, il mercato del CD sembra essere sulla soglia dell’estinzione, almeno nel mio lavoro. Per quanto riguarda il tape invece, adoro questo formato e qualche volta ho il piacere di utilizzarlo registrando bands nel mio studio. Ho realizzato qualche album che è finito in cassetta, ma è ovviamente molto raro al giorno d’oggi, nonostante sia tra i formati underground più trendy. Il vinile è molto d’impatto ma non lo lavoro nel mio studio. Però faccio un sacco di mastering pronti per la stampa, ottenendo il sound giusto proprio prima che venga stampato. Dimenticando SACD, DVDA e altri formati obsoleti con cui non lavoro mai, direi che il vinile è l’unico supporto fisico che abbia ancora un senso, forse insieme alle cassette come un nuovo limitato formato, ma per me il CD è morto.
Un viaggio tra oscuri paesaggi industriali, sfumature dark ambient e ritmiche spezzate imbrattate di noise. “These Hidden Hands” sembra come il tuo lato musicale fanatico di un linguaggio di tendenza. Quali sono ora i progetti futuri di Tommy Four Seven?
Metto la stessa quantità di passione nei lavori da solista come T47 ma c’è da ricordarsi che ha una tendenza più dancefloor. Non avrebbe alcun senso produrre qualcosa simile a These Hidden Hands sotto l’alias T47. I due progetti si sono assicurati differente pubblico ora. All’inizio alcuni miei fan si sono interessati al progetto ma non hanno ottenuto la musica che si aspettavano in quanto non suonasse techno. Al contrario, molte persone che ascoltano These Hidden Hands non ascoltano per niente techno. Entrambi i progetti mi portando nella situazione di una libertà di creare quello che mi piace in entrambe le direzioni, senza compromessi tra le due.
Jungle, dubstep; post-punk, metal. Quale direzione prenderà secondo voi ora la musica techno, quali generi musicali influenzeranno, come fondamentali fattori esterni, la musica elettronica del futuro?
Tommy: Vedo i confini dei generi offuscarsi ulteriormente, con le cose che continuano ad essere meno orientate verso dei gruppi sociali, tornando ad una sonorità più eclettica dopo la ristrettezza mentale che l’eccessiva categorizzazione dei sotto-generi ha causato.
Una personale definizione della parola “avanguardia” nel contesto artistico odierno…
Tommy: Sperimentazione è fare qualcosa di oltre le righe, allontanandosi da ciò che tutti gli altri stanno facendo, specialmente se non hai idea del fatto che qualcuno possa apprezzare.[/tab]
[tab title=”English”]These Hidden Hands come from the collaboration between the master engineer Alain, owner of “One Million Mangos” – essential mastering studio in Berlin’s independent music scene – and one of the most important personality of the new techno generation Tommy Four Seven. “Hidden Hundred” is the expressive platform of their experimental concept, in demonstration that sometimes the artistic result of the refined symbiosis of two minds can arise from the darkness as authentic musical introspection that make pleasantly possible also the one whose listening to it. Everything is the result of the expressive naturalness of disclosing feelings, a precious “ideas outlet” that turn into sound. “These Hidden Hands” is the perfection of the form of a spontaneous language that makes captivating the understanding.
Which influences, beyond the geographical ones, have characterized your individual professional development? Where do you get the inspiration now?
Alain: For a musician, inspiration to make music is always there in one way or another – but for me the biggest factor in improving my sound design abilities has been from my background in mastering. Although it doesn’t change your ideas or perspective as such, having a better trained ear can mean transforming the exact ideas you hear in your head into the music, rather than just twisting knobs unti something sounds good.
Nowadays a lot of artists collaborate in order to run after new forms of sound with their own musical partner. Are the results the inevitable union of the respective styles or could it be each time something new?
Tommy: With These Hidden Hands, I guess it would be hard for anyone to tell who made what sound as our solo projects sound so different. The great thing about the group is that it’s an outlet for ideas which don’t have to fit the dancefloor so we can write pretty much what we want. But I don’t think our sound is the inevitable combination of our two styles – we definitely steer the direction we want to go in and write to a certain sound we are shooting for, rather than just seeing what randomly comes out.
Do you think it’s possible, with two minds, to get closer to a paradoxical expressive perfection? Or four hands could still not suffice?
Alain: Sometimes too many cooks really do spoil the broth. When we write it’s almost always only one person working on a track at once – then we swap the files when we are done so the other person can carry on the work. So there’s rarely 4 hands at once with us anyway. My definition of perfection of expression in music would be getting a sound or musical concept satisfactorily similar to what you have in your head and what you intended for the piece of music. For me, not achieving this means the track is simply unfinished. It’s unlikely we would call a track finished and release it if it isn’t at least 99% the way to how we would have wanted it to sound. What other people think of it, or see as expressive perfection, is obviously up to them.
Knowing that the different sides of a musician, will be exponentially more when in addiction of someone else’s ones, is it possible to foresee a certain goal?
Alain: Sometimes we will talk about a concept or idea of how it should sound for longer than we spend composing it’s sounds.
Tommy: Yeah I think it helps a lot knowing what you are setting out to achieve before you try and do it. Spontaneity is good but there’s a much bigger chance it’s not going to fit going in a totally random direction.
During the production can you be aware of what will be the audience categories? In the course of an artist’s development it is possible to always sustain the same interlocutor attention?
Tommy: With These Hidden Hands it’s more about sharing music with an audience and seeing if anyone digs it, rather than trying to write to the pre-existing tastes of an imaginary demographic. When you get caught up in just trying to please your audience then it takes away the potency of your more experimental concepts.
While working together in the studio, is it possible to recognize the contribution each one gives to the result thanks to his abilities, or thanks to a precious harmony everything can merge into a single unexpected unit everytime?
Alain: More often than not, we will both like what each other has done to the tracks once we swap the sessions back and forth. I think we both know what we are doing enough to intentionally write a piece of music and know where we are going with it. Hoping that a bunch of random sounds thrown together will somehow turn into a decent track is not usually our action plan. But in terms of recognizing each other’s parts, that would be hard because one of us might come along and change a part in such a way it’s no longer recognizable as the same sound, or replace a sound with a newer better version of the same thing, so who’s contribution it is isn’t always clear.
Tommy: In terms of harmony, we will always get a track to the point where we’re both happy with it, but that might mean throwing out or rejecting a lot of ideas along the way. So the decision making process is always going to be a lot more different to that of a solo project.
The “This Hidden Hands” project seems like the pursuing of musical innovation. Do you think it could be shown in the way a set is played as well? How much experimentation is there in the choice of a mix sequence, the combination of styles and different rhythmics?
Tommy: So far when we’ve played live, we’ve tried to find a balance between keeping the familiarity of our existing music whilst also leaving a lot of room for improvisation. So every time we’ve played a set it’s pretty different because of the live set up.
Well known celebrities of the experimental techno scene are contributing to the musical appearance of “Hidden Hundred”, cherished selection of the best modern underground mentality. In which ideal is grounded your label?
Tommy: Hidden Hundred is our musical outlet for anything we want to release – so far that’s just meant our album and remixes from it but we’re not restricting the sound or purpose of the label. But it’s not an “open” label as such. We aren’t accepting demos. It’s more of a platform for us to release our own music.
A quick discussion with James Kronier about several formats through which it’s possible to release nowadays, starting from the renowned vinyl sound to the tape’s ground noise. Does a market standard still exist? How important is the mastering and an objective sound quality in today’s world?
Alain: I think the quality of mastering is extremely important nowadays because there are so many people doing it. If you’re not extremely good at what you do, there are lots of other mastering engineers waiting to do a better job. Having said that, there’s thousands of people who claim to be mastering engineers but obviously lack the equipment to be able to be objective. At my mastering studio, One Million Mangos, I mostly work for online digital releases now – the CD market seems to be on the edge of extinction, at least from the work I do. In terms of tape, I love the format and sometimes have the pleasure of recording to it when tracking bands at my studio. As a consumer format, I’ve done a few albums that have ended up on cassettes, but it’s obviously a rare format nowadays, although is one of the trendier underground formats. Vinyl is pretty strong but I don’t cut wax at my studio. Instead I do a lot of masters ready to be cut 1:1. Essentially getting the sound right before it gets cut. Forgetting SACD, DVDA and obscure or completely obsolete formats which I never work with, I’d say vinyl is the only physical format that still makes any sense, maybe along with cassette as a limited novelty format, but in my books CD is dead.
A journey through dark industrial landscapes, dark ambient shades and noisy broken beat. “These Hidden Hands” seems like your forefront musical side. What are now the future projects of Tommy Four Seven?
I put an equal amount of passion into my T47 solo work but have to remember it has more of a dance floor expectation. It wouldn’t make any sense to release something that sounded like a These Hidden Hands track as T47. The two projects have cultivated separate fans now. At first there were quite a few people who checked it out who were existing fans of mine but didn’t get the music as they were expecting to hear techno. Inversely many people who are into These Hidden Hands don’t listen to techno at all. So both projects are in a place now where I have the freedom to create what I like in both directions and not have to compromise between the two.
Jungle, dubstep; post-punk, metal. In your opinion what direction would take the techno music now, which musical genres will influence the future electronic music?
Tommy: I see the boundaries of genres blurring further, with things continuing to get less social group orientated, reverting back to a more eclectic sound, after the narrow mindedness that the excessive sub-genre-categorization of electronic music caused.
A personal definition of “experimentation” in the artistic contest today…
Tommy: Experimentation is putting your neck on the line to step away from what everyone else is doing, especially if you have no idea if anyone will actually like it.[/tab]
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