Da romanista appassionato ho trascorso l’ultimo ventennio a seguire le gesta di quello che non può non essere considerato uno dei calciatori italiani più forti di tutti i tempi. Una bella fortuna, un vero e proprio lusso capace di farci accantonare stagioni quasi mai all’altezza e guardare al futuro con immancabile e instancabile fiducia. “Totti logora chi non ce l’ha”, ho ripetuto con soddisfazione e fierezza più volte, soprattutto in risposta ai laziali che l’hanno considerato per tutti i suoi venticinque anni di romanismo il vero nemico, specie da quando Alessandro Nesta – il suo contrappunto biancoceleste – ha deciso di cambiare aria, approdando al Milan per formare una delle linee di difesa più arcigne e al tempo stesso eleganti di tutti tempi.
Ma Totti ha sempre avuto un difetto orribile, e non parlo delle reazioni di pancia che l’hanno portato a scalciare Balotelli, sputare a Poulsen e a schiaffeggiare Colonnese. No: malgrado una simpatia contagiosa, quando Totti doveva rilasciare un’intervista un po’ più seria – specie all’inizio della sua carriera – partiva spesso e volentieri una sagra delle banalità da far invidia all’orale di maturità di uno studente non preparato. Questo era il prezzo da pagare per i suoi trecentosette gol in maglia giallorossa, un pegno tutto sommato accettabilissimo.
Ma se per Totti può dire in sua discolpa che è tutt’altro che semplice farsi intervistare a caldo, dopo una partita, con una telecamera puntata a pochi centimetri dal suo naso, diverso è il caso dei tanti, tantissimi (più o meno) giovani dj che da quasi dieci anni popolano le nostre pagine con le loro interviste.
Così oggi abbiamo di sfatare alcuni dei luoghi comuni di cui siamo onestamente stanchi. Noi come responsabili di questi spazi, tanto quanto – ne siamo certi – chi ci legge.
“A quindici anni ascoltavo Aphex Twin”
Impossibile. O meglio: impossibile averlo fatto senza aver avuto un’adolescenza problematica. Scherzi a parte (ma nemmeno troppo), la verità è che la stragrande maggioranza di chi si appassiona alla musica elettronica, parte da altro. Parte da schemi e idee più semplici e immediatamente “trasformabili” in danza. Possibile che solo noi di Soundwall, da ragazzini, ascoltassimo “L’Amour Toujors”? Poi ben venga la redenzione e la fuga verso sentieri musicalmente più avvincenti, ma – diavolo! – siate onesti. Pompare il curriculum con ascolti ambiziosi fin dalla più tenera età non vi rende più fighi, anzi.
“Mi sono trasferito / mi sto trasferendo a Berlino per trovare la mia strada”
Davvero credete sia così? Davvero credete al mito che chiunque si trasferisca nella capitale tedesca, poi, possa suonare al Berghain o al Tresor e al Watergate – che “ok hanno grande storia, ma si sono sputtanati e ora ci vanno solo i turisti”? A fronte di migliaia di giovani che hanno provato il salto – che, ora fateci recitare la parte del genitore ansioso e iper-protettivo, è tutt’altro che semplice e indolore – sono pochissimi quelli che hanno spiccato il volo. Gli altri, nella migliore delle ipotesi, continuano a fare i dj come secondo/terzo lavoro, proponendo la loro musica in contesti tutt’altro che centrali.
“I magazine italiani non ci supportano abbastanza”
Questo è uno di quei temi che ci mandano decisamente fuori di testa perché affermare una cosa simile vuol dire, nella migliore delle ipotesi, non avere la minima consapevolezza di come si gestisce un magazine. Perché una rivista italiana, che vive di share per generare click alle proprie pagine dovrebbe ignorare coscientemente la principale fonte di condivisioni e dibattito online? Affermare ciò equivale a dare degli imbecilli ai redattori dei magazine e, almeno per quanto riguarda il nostro sito, non pensiamo sia questo il caso. Può capitare una svista, può capitare che si arrivi su un artista o su un disco in ritardo, ma mai in malafede.
“Ho creato un nuovo alias, per intraprendere un nuovo percorso”
Apparentemente brillante, questa è una di quelle iniziative che nove volte su dieci ottengono risultati diametralmente opposti a quelli sperati: cambiare alias, al netto di una vera e propria virata stilistica, serve solo a dare una rinfrescata alla propria figura e nulla più. L’effetto sul breve magari può sembrare soddisfacente ma alla lunga, credeteci, crea solo entropia e confusione. Alla base di tutto c’è la musica, non il nome…non siete voi i primi a sostenerlo?
“In Italia pensano tutti solo ed esclusivamente al proprio orticello”
Sbagliato: non solo in Italia! Ovunque ci siano in ballo interessi economici – ovunque! – si guarda al proprio tornaconto. È lo stesso motivo per cui non è vero che Soundwall (come buona parte dei suoi competitor) non guarda al mercato italiano dei dj: perché non dovremmo farlo? Siete ciò che amplifica la risonanza delle nostre parole! Piuttosto che prendervela con un sistema che accusate di ignorarvi con l’accusa di non includervi nel proprio “orticello”, pensate a cosa realmente vi impedisce di crescere artisticamente. Fatelo però senza snaturare radicalmente chi siete perché, notiziona!, ce ne accorgiamo subito.