E’ bene far passare una settimana di tempo, prima di iniziare a scrivere: questo non è un report fresco o addirittura in tempo (quasi) reale, come ci è capitato di fare in passato. Sono passate un po’ di settimane da Tomorrowland: che ancora adesso, a distanza di un po’ di tempo, il primo argomento che salta fuori quando gli amici ti chiedono “Beh, che racconti?” sia per te l’esperienza al festival che si svolge nelle Fiandre, a una ventina di chilometri da Anversa, è la prova definitiva – sì, Tomorrowland è veramente un’esperienza unica. “Sconvolgente”, il primo aggettivo che ci era rimbalzato in mente mettendoci piede: bene, lo riconfermeremmo? Anche sì, anche sì.
Il punto è che nell’analizzarlo, nel descriverlo e soprattutto nel viverlo bisogna cambiare completamente parametri di giudizio. La musica non è il focus. Se la musica lo fosse, dovremmo gioire per i grandi set che ci hanno regalato Chris Liebing (sempre solidissimo), Jeff Mills (mentale e avvolgente, in grande forma), la triade composta da Dj Sneak, Mark Farina e Derrick Carter (nell’ora e qualcosa in cui siamo stati davanti a loro, house di livello sublime); dovremmo dire che il Pendulum Dj Set è una baracconata di grandi successi drum’n’bass, però diverte eccome; potremmo aggiungere che Dave Clarke non è stato al massimo della forma, mentre Richie Hawtin ha confermato i segni di ripresa qualitativa nei suoi dj set; dovremmo parlare anche di Sven Väth (meno pirotecnico del solito), Seth Troxler (meno ispirato del solito), Josh Wink (lui invece sempre bravo), The Advent (molto bene pure qui).
Ma sapete cos’hanno in comune tutti questi nomi? Nessuno di loro ha suonato nel main stage. Nessuno. Tutti relegati in palchi secondari. Un elenco che basterebbe a fare la line up di un Time Warp (per dire un festival di quelli buoni) qua è solo una infilata di nomi fra tanti, da non sbandierare come attrazioni principali. E le attrazioni principali? Il Male, sotto certi punti di vista: David Guetta (inutile), Skrillex (ormai confuso nel suo essere eclettico e variegato, ha perso mordente), Swedish House Mafia (al solito banali ed insopportabili), Afrojack (sopravvalutatissimo), Steve Aoki (ormai una commedia dell’arte di se stesso). Ci fermiamo qua, ma l’elenco potrebbe continuare. Del resto, in tre giorni sono oltre quattrocento dj set. Già, oltre quattrocento…
Tomorrowland quindi un festival dove quelli bravi sono messi in secondo piano mentre quelli commercialoni vengono deificati? Sì. Tomorrowland un festival da criticare e combattere? No! No! Assolutamente no. Tomorrowland è un festival assolutamente meraviglioso; e una volta nella vita ci dovete andare. Anche se Guetta e la Swedish House Mafia vi fanno schifo (a noi fanno schifo eccome, soprattutto i secondi; il primo in fondo ci ispira simpatia da quanto si è svenduto dichiaratamente al pop annacquato, non finge di essere quello che non è). Davvero. Ci siamo bevuti il cervello? Ci siamo drogati? Nossignori, anche perché fra l’altro sulle droghe la policy di Tomorrowland è piuttosto puntuta (continue scritte in giro tipo “Drugs = End Festival”, ma soprattutto squadroni di security pronti a piombare addosso ad eventuali spacciatori, li abbiamo visti in azione più volte dentro e fuori dall’area dell’evento). O forse siamo in realtà dei bambinoni ingenui che si fanno impressionare dall’ambientazione da luna park del festival, come si evince dalle foto?
Nì: non siamo bambinoni ingenui, ma ci siamo fatti impressionare. Tomorrowland, nelle sue scenografie, è talmente kitsch e di infantile cattivo gusto da essere incredibilmente affascinante: perché è svergognato ed eccessivo nel suo applicare immaginare da Disneyland ovunque e comunque (Mills che suona in mezzo a funghi psichedelici e canditi di plastica alti sei, sette metri è una visione assurda, come guardare un film di Ingmar Bergman e Lamù il cartone animato insieme), col risultato che il tutto è talmente assurdo e senza senso da risultare non stupido, ma divertente. La gente ci sguazza felice e tranquilla, in questo set ambientale da suole elementari immerse in lsd.
Poi ci sono le dimensioni. C’è che i 180.000 biglietti in vendita per i tre giorni del festival pare siano stati polverizzati in prevendita in due ore. 180.000 però che ci stanno belli comodi, distribuendosi fra sedici palchi, spazi ampi, isole, laghi, un main stage che tanto per farvi capire le dimensioni quando non è occupato da Tomorrowland è un campo di allenamento per appassionati di parapendio. C’è la grandeur produttiva: palchi assurdi, ma per dire anche elicotteri noleggiati apposta col compito di lanciare dall’alto petali di rosa sugli spettatori (un kolossal e una farsa assieme, cinematograficamente parlando: col risultato che ridi felice pure tu, quando lo vedi succedere, anche se ti senti stupido nel farlo).
Non importa insomma chi suona, e come suona. Importa che vieni catapultato in un modo assurdo, dalle dimensioni completamente fuori standard, dove il vero spettacolo lo fa la felicità e la felice ingenuità della folla. In altri momenti e in altri luoghi ti incazzeresti come una jena a vedere 60.000 persone che impazziscono per un Guetta che fa niente di più che un karaoke; a Tomorrowland fai spallucce e ci ridi sopra, godendoti lo spettacolo di 120.000 braccia in aria all’unisono.
Pochi, pochissimi italiani: forse perché non è cool andare a Tomorrowland. Da noi, dove l’apparenza conta più della sostanza e soprattutto dove da qualche anno a questa parte tutti vogliono sentirsi underground e nessuno ammette che è solo devoto alla commerciabilità (in Italia Cocoon è commercialità spinta, signori, Minus pure, Desolat anche, e l’elenco potrebbe continuare: lo vogliamo dire?), una faccenda come il festival belga non dà punti-credibilità, a frequentarla. Amen.
Però noi ci siamo divertiti eccome. Non sappiamo se ci torneremmo nel 2013, è stata un’esperienza talmente forte, assurda e controversa che forse farla due anni di fila è troppo. Nelle Fiandre poi ci sono mille altri motivi per andarci, dalla bellezza delle città (Anversa, Gand, Bruges, o come dicono loro Antwerpen, Ghent, Brugge: comunque fra le città più meravigliose d’Europa, soprattutto le ultime due) all’incredibile fiorire di festival musicali di ogni specie, un fiorire che non ha eguali in Europa. Per quest’ultima cosa il segreto è semplice: come ci ha detto una persona di Anversa addentro ai meccanismi di Tomorrowland e di quella area geografica in generale “Guardati attorno, la gente venuta apposta per questo o quell’artista sarà il 10%, il 20% a esser larghi: qua la gente vuole prima di tutto godersi l’atmosfera di un festival, che quando è quella giusta è molto più della somma dei singoli elementi presenti in line up”. Parole santissime.