L’anno scorso ci eravamo soffermati parecchio sul Torino Jazz Festival: i motivi per farlo non mancavano. Quella che era stata una edizione che “aggiustava la rotta” rispetto ad alcuni errori passati possiamo dire che non è stata un fuoco di paglia effimero: a partire da oggi 26 aprile, coi concerti che entrano nel vivo a partire da domani, inizia una edizione 2019 che prosegue sullo stesso identico solco. Un solco dove un ruolo molto significativo lo gioca di nuovo la rete di jam session e concerti gratuiti che percorrerà Torino fino alla fine del festival (qui il programma completo): una componente davvero significativa che dà davvero l’idea di “festival” aperto alla città e voglioso soprattutto di puntare i riflettori sul fenomeno jazz nel suo complesso.
Per quanto riguarda i concerti principali, se state valutando un salto a Torino (o ci siete già per i fatti vostri) il primo consiglio è quello di non aspettare troppo ad acquistare i biglietti in prevendita: alcuni concerti sono già sold out e, ripensando a quanto successo l’anno scorso, facile che alla fine gran parte di essi finisca coll’esserlo. L’elenco completo è qui, dal canto nostro vorremmo intanto segnalarvi alcuni dei nostri potenziali highlight. Sabato 27, il consiglio d’obbligo è l’ICP Trio guidato dallo scoppiettante Han Bennink (impossibile annoiarsi, con lui). Il giorno dopo si può essere più composti ed assorti, vedendo cosa andrà a presentare Gavin Bryars, un nome forte del minimalismo orchestrale ma un background robustamente jazz e da improvvisatore (ricordiamo gli esordi con Derek Bailey, per dire).
Il 29 aprile il primo astro scandinavo (una specialità, per il TJF), ed è assolutamente consigliabile: la voce di Sidsel Endresen e la chitarra di Stian Westerhus dovrebbero essere altissimo livello in quanto a fascino e sensibilità. Il 30 aprile, il secondo: il pianismo di Jon Balke si lancia, con Siwan, in un progetto interculturale davvero affascinante. E comunque nella stessa serata, nella stessa venue e con lo stesso biglietto ci sarà anche uno dei migliori sassofonisti dell’ultimo decennio a passa, Joshua Redman.
La nostra scelta per l’1 maggio è il sincretismo percussivo di Arto Tunçboyaciyan (poi ok, mal che vada c’è quella vecchia lenza di Randy Brecker: impossibile cader male), il 2 maggio obbligatoriamente per Giovanni Guidi alla guida di un quintetto legato alla recente release di “Avec Le Temps” su ECM: abbiamo visto all’opera questa formazione ad inizio anno ad Orvieto ed è stato qualcosa di semplicemente magico, uno dei concerti jazz più belli ed intelligenti a cui ci sia capitato di assistere da tempo a questa parte. Sempre il 2 maggio comunque il menù alle OGR è ricchissimo: da un lato l’istrionico Enrst Reijseger che si addentra nel mondo di Moondog, dall’altro Rymden. Ecco, magari Rymden non vi dirà molto; ma se vi diciamo che si tratta di E.S.T., ovviamente senza il compianto Esbjorn Svensson ma con al pianoforte Bugge Wesseltoft? Wesseltoft magari lo conoscete per le sue collaborazioni con Laurent Garnier ed Henrick Schwarz, ma lui è prima di tutto un pianista jazz davvero di eccezionale valore, le sue radici arrivano da lì – solo in un secondo momento ha iniziato ad interessarsi con l’elettronica (…e nel farlo ha raggiunto risultati meravigliosi, non solo come musicista ma anche come discografico, la sua Jazzland è una delle label più belle del globo, se chiedete a noi).
Il 3 maggio la curiosità di tutti sarà per il figlio di Clint Eastwood, Kyle, che non solo è figlio-di ma è anche ottimo jazzista, nonché autore di molte colonne sonore degli ultimi film del padre. Tra cui “Gran Torino”: e ovviamente era troppo ghiotta l’occasione di far gravitare la sua data torinese attorno ai temi di questa colonna sonora. Però per chi vi scrive il cuore batterà sempre a nord, di nuovo direzione Norvegia: Eivind Aarset è semplicemente uno dei chitarristi elettrici più raffinati ed inventivi in circolazione. Per noi quello davvero imperdibile è lui.
Per il gran finale, siamo molto curiosi di vedere cosa ci riserverà Nik Bärtsch, in piano solo. Il suo jazz astratto e minimale, ma anche momenti di bella nervatura, intriga. Poi certo, quando salirà l’infinito Rava sul palco, col suo New Quartet, staremo sull’attenti. E, molto probabilmente, ne varrà assolutamente la pena. Info totali-globali sui biglietti? Qui.