Pochi festival in Italia sono stati così ben pensati e ben fatti come TOdays, e lo diciamo proprio a livello di scelta, gusto, progettazione, competenza, resilienza. Confinato in un periodo “scomodo” (quella fine agosto / inizio settembre in cui le vacanze non sono finite del tutto ma l’estate è già considerata andata, però non è iniziata la routine autunnale), gravato dall’eredità di Traffic – tutti pensano ai tempi d’oro in cui c’erano i Daft Punk gratis – e dal fatto di non svolgersi in salotti nobili (Piazza San Carlo, Venaria) o storici (Pellerina) ma nella zona dello Spazio 211, una zona notoriamente difficile e mai vista troppo bene dal torinese medio, TOdays molte volte ha dovuto fare i miracoli per mettere su, come alla fine sempre faceva, dei cartelloni molto competenti, molto interessanti, non paraculi, non coi paraocchi.
Chiaro: l’”aiutino” pubblico c’è sempre stato, e se non c’era quello arrivava comunque la robusta pacca sulle spalle del para-privato (fondazioni bancarie, utility dell’energia). Parliamo di centinaia di migliaia di euro complessivi. TOdays ha sempre avuto le spalle discretamente coperte. Non del tutto, eh, ma non era una Giovanna D’Arco che rischiava tutto a costo di finire alle fiamme pur di portare avanti la battaglia della qualità. Delle critiche molto articolate e ben pensate al modello-TOdays le espresse qualche anno fa Gabriele Ferraris sul suo blog personale, ed è una lettura davvero interessante ed acuta ancora oggi.
Attenzione: non stiamo dicendo che TOdays sia un festival “paraculato” che non merita sostegno. Anzi: l’idea di una “sussidiarietà” delle istituzioni – che c’è ad esempio nel nostro sistema sanitario, in alcune Regioni più che in altre – può essere comunque un modello intelligente e vincente, che porta al miglior risultato possibile: in questo caso, avere un evento di indubbia qualità che porta lustro alla città e, attirando gente da fuori, porta anche indotto ai commercianti locali. Insomma, se ci sono un po’ di argomentazione per dire, con Ferraris, che è improprio che “le istituzioni facciano da impresario”, ne esistono altrettante per poter dire che invece è un modello molto sensato. Esattamente come la sanità “sussidiaria” spesso è un regalo ai privati e una pistola puntata alla tempia di chi ancora crede nella sanità pubblica universale, una grande conquista di civiltà.
Il problema è che in questo momento Torino ha scelto di non scegliere. E le istituzioni comunali, diciamolo, hanno scelto di prendere in giro la gente. Chissà se per malafede, pigrizia o incapacità. Basterebbe dire chiaramente: “Sì” al modello-TOdays e a TOdays stesso, comportandosi di conseguenza, oppure un netto “No, vogliamo cambiare linea”. Ci sarebbero pezze d’appoggio per entrambe le posizioni, entrambe le scelte. Ma a Torino ultimamente va di moda prendere in ostaggio la musica e i grandi eventi musicali per beghe politiche interne, per giochetti interni, come vi abbiamo raccontato qui parlando del fantomatico Primavera Sound all’ombra della Mole (guarda un po’, ora già non se ne parla più). Bella roba. Ai vertici del Primavera ancora sono basiti per questi teatrini.
Sia come sia: può andarvi bene il TOdays bello e competente, con la postilla che se è tale è (anche) grazie a un robusto contributo pubblico, senza però perseguire la linea dell’evento gratuito o a prezzi d’ingresso politici; può andarvi bene una città che rinuncia al TOdays abiurando rispetto alla linea dal 2015 in poi. Quello che non va bene, è traccheggiare. E lo ripetiamo: il dubbio è se sia un traccheggio mefistofelico, fatto per tirare la corda fino a farla spezzare ma dando la colpa agli altri della rottura, oppure se è un traccheggio per pura ignoranza ed incompetenza.
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Già: perché solo ignoranza ed incompetenza giustificherebbe il non sapere che un festival come TOdays, con quel tipo di taglio ed importanza artistica quali quelli avuti finora, ha bisogno di almeno un anno di lavoro e, se il festival è a settembre, alcuni punti fissi devono essere già fissati – anche se magari non annunciati pubblicamente – a gennaio o febbraio, il che significa averci lavorato a dicembre, novembre, ottobre dell’anno prima. I tempi oggi sono questi, piaccia o non piaccia.
Ad oggi invece non è stato chiaramente detto se TOdays è interesse del Comune sostenerlo o meno. Giusto ieri c’è stata una interpellanza di un consigliere comunale d’opposizione sponda M5S – gli orfani di Appendino hanno il dente avvelenato – che chiedeva, in sintesi: “Ma quindi? ‘Sto TOdays di cui tanto ci si vanta si fa o no?”. Anzi, nell’interpellanza Andrea Russi, questo il nome del consigliere, riproponeva beffardo proprio una dichiarazione ufficiale del sindaco di Torino Lo Russo:
“TOdays è un importante punto di attrazione della programmazione culturale torinese, un evento che ribadisce sempre più l’importanza di diffondere cultura e occasioni di aggregazione sul territorio e un esempio di come nella nostra città le proposte solide e interessanti trovino spazio per crescere. Edizione dopo edizione il festival è diventato un punto di riferimento per appassionate e appassionati di musica che arrivano a Torino dall’Italia e dall’estero per assistere ai concerti allo Spazio211 e partecipare agli eventi diffusi in città: mostre, performance, incontri, laboratori di formazione. TOdays 2023 ha anche accolto la sfida lanciata da Torino Futura, progetto ideato e promosso dagli assessorati alla Cultura e ai Giovani, rafforzando le attività dedicate al pubblico più giovane e realizzando una serie di appuntamenti gratuiti a Mercato Centrale Torino, Cascina Marchesa e Cecchi Point”
Che fine fa tutto questo? Fa la fine che al momento di redigere il Documento Unico di Programmazione 2024-2026 l’Assessore alla Cultura Purchia fra le varie voci ha depennato quella esplicitamente dedicata nero su bianco a TOdays, mettendo un più gattopardesco “Festival estivo”. In città già si era rumoreggiato parecchio per questa scelta, fra gli addetti ai lavori.
Ripetiamo: va bene. Non c’è scritto nelle Tavole delle Leggi che TOdays debba essere fatto, e/o che TOdays debba essere finanziato dal Comune. Zero. Ma quello che dà fastidio è la mancanza di coraggio: se si vuole fare un cambio di rotta, lo si dica senza problemi. Se si ritiene che l’esperienza di TOdays sia terminata, o debba comunque terminare il sostegno pubblico ad essa, lo si dichiari tranquillamente. Quello che non va bene è farsi tanto belli dei risultati e dei pregi di TOdays quando fa comodo, ma poi al momento del dunque fare il pesce in barile: un pesce in barile che però cozza con le necessità e le tempistiche professionali per fare bene le cose. Ad oggi non c’è stato modo per nessuno, del team del festival, di lavorare in modo sensato e concreto all’edizione 2024 (che peraltro, dovrebbe essere quella del decennale), anche perché nemmeno si sa se e come una edizione 2024 potrebbe esserci. Chi da anni crea il festival ha bisogno di una risposta, anzi, aveva bisogno di una risposta mesi fa per lavorare a modo; chi la risposta la deve dare, fa lo struzzo. Sperando magari così di non prendersi nessuna colpa se il festival non si fa o, scenario alternativo, facendo fuori l’attuale team del festival e acchittando invece qualcosa in fretta e furia nei prossimi mesi, “Ecco, visto? TOdays c’è!”. Ma si sa che le cose fatte in fretta e furia raramente hanno quel quid in più di qualità e sostanza e progettualità, sono al massimo delle repliche di rassegne, concerti e prebende-fotocopia che si hanno in mille altre città d’Italia.
Insomma, come Torino sa crearsi da sola le proprie idee ed eccellenze per poi buttarle a mare (o farsele scippare da Milano), nessuno. Vabbé: per ora almeno Kappa FuturFestival e Club To Club sopravvivono e prosperano. Per ora. Ma già lo spoils system sul Torino Jazz Festival non è stato il massimo della vita. Però ecco: con TOdays si sta facendo anche peggio. Quali le prossime ingegnose mosse?