Daniele Sciolla ha trovato lo strumento migliore per unire i suoi studi classici, composizione e flauto traverso, al conservatorio e la sua laurea in matematica: il sintetizzatore. Da quasi un decennio perfeziona e si applica in questa unione e, dopo aver pubblicato una serie di EP, torna con “Synth Carnival” prima di una serie di uscite composte da tracce brevi, brevissime, caratterizzate dal solo utilizzo di synth che Daniele ha inseguito in lungo e in largo nel vecchio continente. Se vi siete imbattuti in un suo live o in uno dei suoi progetti paralleli, Elephantides e ANUDO avrete sicuramente notato quanta cura sia dedicata alla performance totale con un attento sviluppo A/V e luci motivo per il quale la Premiere che vi proponiamo oggi è in formato video. Perché questo video? Perché brani cosi brevi? Perché solo sintetizzatori? Tutte le risposte in queste breve intervista dove Daniele ci ha raccontato anche del suo lockdown che non è stato poi cosi negativo.
Il 26 maggio uscirà “Synth Carnival” un EP contenente tre short track registrate utilizzando esclusivamente sintetizzatori, potremmo definirlo un follow up di “Miniature Per Sintetizzatore”? Torni a pubblicare materiale su Betulla records, ti hanno supportato da subito nel progetto?
Si, assolutamente, a entrambe le domande. Il punto di partenza è stato “Miniature” e son rimasto legato alla lunghezza delle tracce, o meglio la cortezza, e al fatto che a suonare siano esclusivamente sintetizzatori analogici. Ma ci sono anche aspetti profondamente diversi: “Synth Carnival” è molto algoritmico, ha sotto un sacco di formule e di calcoli, ci ho messo tantissimo a scriverlo. “Miniature” l’avevo scritto d’impulso e spontaneamente, inoltre utilizzando un solo synth per traccia, mentre ora in ogni brano utilizzo un ensemble di sintetizzatori e le sonorità sono molto più corali. Gli scorsi anni ho viaggiato molto per tutta Europa e ovunque mi trovassi cercavo realtà focalizzate sui sintetizzatori per poter esplorare nuovi suoni e arricchire il mio lavoro.
Quando il lavoro ha preso forma ho iniziato a chiedere dei feedback e tra le persone con cui mi confronto di solito ci sono gli altri artisti che collaborano a Betulla: Atzmo, Sims e MCD. Son molto contento che il lavoro gli sia piaciuto subito, così abbiamo organizzato questa release.
Da quanto stavi lavorando a questo progetto? Hai girato molti studi europei per registrare questo EP, come hai confezionato il tutto?
È da circa due anni che ci lavoro, in tutto ho scritto sedici short track raccolte in mini EP divisi per temi. Ci ho messo molto per due motivi: da un lato sono andato alla ricerca di sintetizzatori storici e in molti casi ho avuto bisogno di prenotare session negli studi, spostarmi in diverse città e studiare le macchine prima di registrarle. Il posto più incredibile in cui mi son trovato durante questa ricerca è stato lo SMEM a Friburgo, in Svizzera. Corridoi e scaffali pieni di pezzi unici: è difficile da immaginare un luogo del genere. Qui in Italia invece mi è piaciuto moltissimo Insintesi a Torino. Comunque un contributo importante è stato dato anche dagli strumenti dei miei amici nerd, oltre che dai synth che ho in studio. L’altro motivo è l’esigenza di inserire nei miei lavori un aspetto fisico/matematico che per me è fondamentale: la percezione di velocità e tempi diversi di uno stesso fenomeno. Si tratta di formule che ho utilizzato che rimangono in retroscena, ma che spostano un po’ le partiture dei singoli strumenti. All’ascolto tutto scivola intuitivo, ma ci sono stati dei momenti in cui il calcolo è stato abbastanza complicato. Sul confezionamento invece discorso diverso, perché mi son trovato ad avere un prodotto che assomiglia a un iceberg, di cui l’ascoltatore ammira solo la punta, ma che sotto nasconde un lavoro immenso. Mi piaceva la convivenza di questi due estremi e ho voluto enfatizzare la questione, sia nei titoli che nella forma. Così ho evitato un unico disco che raccogliesse tutti i brani e ho preferito piccoli EP di due, tre al massimo quattro tracce l’uno, che usciranno in serie.
Anche per questo EP hai lavorato sviluppando sia la parte audio che video? Nel processo produttivo sviluppi questi due aspetti simultaneamente o dai precedenza ad uno dei due?
Sì, ho sviluppato sia audio che video, ma sicuramente per una release il primo aspetto a cui lavoro è quello dell’audio, che rimane indipendente. La parte visiva si modella su brani già chiusi e definitivi, non viene scritta simultaneamente. Con i video cerco di descrivere il concetto che sta dietro all’audio in modo tale che ci sia un elemento in più per far comprendere l’opera all’ascoltatore. Ad esempio in questo primo video ci sono i concetti di layerizzazione e di sviluppo dei frame in lunghezza, a cui ho dato una dimensione e sembrano scavati in una galleria temporale. L’unione dei fotogrammi fa evolvere l’immagine, ma si riconoscono i singoli scatti. Ho voluto spostare l’attenzione dall’aspetto continuo all’aspetto discreto del tempo, un po’ in stile Chronon.
Con i tuoi live e con quelli del tuo side project Elephantides hai avuto modo di prendere parte a festival e manifestazioni molto interessanti come Seeyousound, Ciciufestival, Spring Attitude o Soundproof Festival, anche per i live ti interessi dello sviluppo A/V di tutto lo show?
Si assolutamente si, tutte le volte che ne ho la possibilità integro i due discorsi. C’è un concetto di fondo che cerco di comunicare nel modo più completo possibile e il video mi aiuta in questo. Allo Spring Attitude sul Redbull stage ho fatto un live A/V con proiezioni a 270° su tre pareti lunghe in tutto 39 mt, è stato molto bello; ho suonato dopo Max Cooper, un artista che a me piace molto sia musicalmente sia per le sue collaborazioni con visual artist che stimo moltissimo. Mi piace anche improvvisare light performance via DMX durante i miei live quindi a seconda della venue/backline che trovo cerco sempre di sviluppare anche l’aspetto visivo, che sia luci o visual.
Ripercorrere tutti questi live e confrontarli con la situazione che stiamo vivendo è scoraggiante, tu da musicista, compositore e artista come hai vissuto il lockdown? Tra le varie idee e prospettive future quale ti senti di sposare o quali proposte hai per tornare nel medio periodo sul palco?
Questa situazione è particolarmente difficile per tutti e lo è anche per gli artisti come me. Da un giorno all’altro son stati cancellati tutti gli eventi culturali, con perdite economiche notevoli, mi auguro che il governo tratti la questione con tutta l’attenzione che sta dedicando ad altri settori, come per esempio quello industriale. Io avrei avuto una data al Ad Astra Festival, un’altra sempre in Italia e una a Berlino in questo periodo; tutte rinviate. Al di là di questo personalmente ho vissuto in studio queste settimane. Normalmente durante l’anno alterno periodi di tour a periodi di produzioni, passati in mezzo ai synth, quindi in queste settimane non ho faticato troppo, perché abituato a queste immersioni in apnea. Ma spero ovviamente che si riemerga presto e che quando torneranno gli eventi, questi possano essere apprezzati ancor più di prima. Mi auguro che già sull’estivo almeno negli spazi aperti si possa ripartire con le attività live e che il governo non si occupi solo di PIL, industria e fatturato, perché la cultura è in genere indice precursore del benessere di una società. Comunque è un periodo imprevedibile: una cosa paradossale che mi è successa è che proprio in queste settimane di lockdown sono entrato nel roster di una realtà di booking che ho sempre apprezzato molto: Pentagon.