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[tab title=”Italiano”]David Wolstencroft aka Trus’me ha mille pelli. Ogni suo nuovo disco è un cambio di muta. È semplice per lui ciò che per molti è un passo invalicabile: ricominciare sempre da capo per mettersi alla prova. A David viene naturale, così come semplice è la cura che riserva ad ogni aspetto del suo lavoro, sia la copertina di un disco, l’accessibilità a un sito web o ancora il metodo di ricerca per i campionamenti. Ascoltarlo adesso infatti non rende affatto il conto di ciò che è stato, la musica che ha rapito immediatamente Gilles Peterson e Juan Atkins nel 2007, prima del suo debutto. E’ uscito, il 19 settembre, un remix album tratto dal suo “Treat Me Right” – che potete ordinare sul bellissimo sito della sua etichetta Prime Numbers – pieno zeppo di collaborazioni di alto livello e già anticipato dal successo del remix di “I Want You” ad opera di Alan Fitzpatrick. Lo abbiamo intervistato, lasciando largo spazio alla label che ha fondato nel 2008 e alla sua discografia presente e passata. Un buon investimento per le vostre orecchie.
La prima domanda è d’obbligo. Raccontaci come è nata la tua etichetta, la Prime Numbers.
Bruciare le tappe fin già dalle mie prime uscite mi ha portato a fondare la Prime Numbers. Iniziare un’etichetta da zero non è stato facile ma è stata una scuola importante. Ho dovuto imparare i pro e i contro della gestione di una etichetta discografica mentre davo il massimo come artista. Oggi mi guardo indietro e credo fu comunque il passo in avanti di cui avevo bisogno. È un progresso naturale, qualcosa che fai semplicemente perché ami farlo ed è la tua passione. La Prime Numbers non mi ha regalato solo una piattaforma per la mia musica, ma anche per gli amici e artisti assieme ai quali volevo lavorare.
Hai iniziato la tua carriera sotto la Fat City Recordings, un’etichetta che in passato ha anche prodotto hip-hop con “I Am Not For Sale” di John Robinson. Quanto è cambiato il tuo modo di lavorare ad un disco, ora che puoi produrti da solo e che le influenze musicali sono cambiate?
Cerco di non farmi prendere dall’hype e mi sforzo di tenermi ben saldo alla musica che ho sempre amato. Trascorro molto tempo dietro la preparazione dei mix per la mia serie “Beach Music”, scegliendo dischi che ammiro molto e che sanno ispirarmi, dischi che sono sempre a milioni di chilometri di distanza dalla musica elettronica. Ho ampi gusti, ma musicalmente parlando si trovano sempre nel medesimo emisfero, quindi la maggior parte della mia ispirazione deriva dalla interpretazione che faccio di questi dischi. Ho sempre ben chiaro in testa l’approccio che seguirò quando mi preparo per comporre un album.
Nonostante sia di recente fondazione, nel tuo catalogo hai già potuto inserire diverti artisti. Alcuni anche molto noti come Actress e Motor City Drum Ensemble. Chi sono invece gli altri musicisti che completano il tuo roster?
Linkwood e Fudge Fingas hanno aiutato a dare il giusto tono agli esordi dell’etichetta e abbiamo anche lavorato con grandi produttori quali Andres e Move D. Seleziono la musica puramente seguendo quello che sento in quel momento, non pensando al nome del musicista. Si può notare bene guardando alla varietà dei nuovi artisti: Nick Sinna, Hamik Muprhy, Napihead, Reggie Dokes, Luke Hess, Vril e Modini. Quest’ultimo sarà presto in uscita su Prime Numbers.
Parliamo un poco dei tuoi album ora. Con l’ultimo “Treat Me Right” sembri aver dato un cambio di rotta sensibile alle tue produzioni. Come sei arrivato a definire questo progetto? Hai dovuto lavorarci a lungo o è stata una virata istintiva?
Mi piace pensare di essere sempre sotto pressione. Quando mi accorgo di aver esaurito un certo numero di competenze, mi sposto a quelle successive, si tratti di una nuova tecnica di produzione o un nuovo genere musicale. Dal primo all’ultimo dei miei album si può notare un chiaro esempio di questo atteggiamento: i campionamenti fatti sul mio MPC per “Working Nights”, poi le registrazioni dal vivo in studio con Amp Fiddler e Dam Funk per “In The Red” fino al mio ultimo album “Treat Me Right”, dove mi sono trovato da solo con i miei sintetizzatori, drum machine e attrezzature da studio.
A “Treat Me Right” hai dedicato un triplo vinile di remix, con lavori di Luke Hess, Truss, Truncate, Roman Flügel e Alan Fitzpatrick. Il risultato finale è ottimo.
Sono tutte persone che rispetto come produttori e dj ed è un onore vederli associati alla Prime Numbers. Li ho scelti per ciò che potevano portare all’etichetta in termini musicali. Sono tutti fuori di testa e li ho ascoltati attentamente e in maniera quasi religiosa nei club in cui sono stato o in cui ho suonato. Si tratta quindi della ciliegina sulla torta. Sono fortunato di aver costruito la Prime Numbers fino al punto di potermi prendere dei rischi e spingere la musica che adoro, sapendo che ci sono dei fan che si fidano di quello che pubblichiamo.
I remix sono una parte importante della tua produzione, lo dimostra benissimo un altro triplo vinile uscito nel 2013 – con una copertina magnifica, tra l’altro – intitolato “Remixed”, con Marcel Dettmann, Vakula, Ryan Elliott, Ben Klock. Quanto è importante, ed è stato importante per la tua musica, collaborare con così tanti artisti diversi?
La precedente serie di remix è stata un tale successo che abbiamo voluto continuarla con un nuovo album. Le mie produzioni sono così strutturate che si possono prendere una o più parti di esse e a piacimento trarne ispirazione perché vadano bene per un’intera armata di remixer. Ho sempre lavorato con persone che già conoscevo e con una certa conoscenza delle loro produzioni, motivo per cui posso lasciare la libertà artistica perché producano qualcosa che loro sentono in linea con l’etichetta.
“In the Red”, il tuo secondo album, sembra un punto di non ritorno. Ho letto che hai voluto sperimentare nuove tecniche di produzione e registrazione con questo disco e che da quel momento in poi ti sei sentito maggiormente legato a un modo di suonare più digitale che analogico, perché era semplice comporre con i sintetizzatori durante i tour mondiali.
“In The Red” ha avuto un impatto negativo su di me in quanto produttore. Lavorare con così tanti musicisti e ingegneri del suono ha impiegato molto tempo ed energie. Sono fiero del risultato finale ma in questo momento mi piace lavorare nel mio spazio e vedere dove mi porta l’ispirazione quando sono circondato dai miei strumenti e congegni musicali.
Il tuo esordio “Working Nights” pare far parte di un epoca lontanissima. Sono passati solo sette anni ma nella tua musica non c’è più molto di quel retaggio. Ci racconti di come hai iniziato e quali erano le tue influenze principali in quel periodo?
“Working Nights” mi è entrato davvero nel cuore. Mi sentivo un ragazzo di Detroit o Chicago che cresce a Manchester. Grazie ai party Electric Chair, Keep It Unreal e Eyes Down, sono stato viziato con la vastità dei generi musicali, lo si ascolta bene nel mio primo disco. Dal mio punto di vista, per la musica fa tanto l’ispirazione che si trae da ciò che ci circonda e per ora questa gravita attorno la cultura dei club. Spero comunque di continuare a crescere e testare stili diversi mentre miglioro le mie produzioni.
Ho dato un’occhiata al sito della label e ho visto che nella sezione back in stock non ci sono titoli. A guardare il bicchiere mezzo pieno, significa che l’etichetta sta andando a gonfie vele. Lì però mi piacerebbe vedere la tua prima release su Prime Numbers, “$tilnocheck?”, ormai sold out da tempo. C’è qualche possibilità di rivederla comparire?
Ogni tanto ripubblichiamo qualche titolo ma per il momento mi sento più concentrato sulla nuova musica dell’etichetta e non sul guardare sempre al passato. Abbiamo così tanto materiale in uscita nei prossimi mesi, compreso un mio nuovo disco. Non c’è tempo davvero per guardarsi indietro, bisogna andare avanti.
Hai da poco presentato ben quattro diversi set al Dimensions Festival di Pula. C’è qualcosa che ti lega in maniera particolare a questo festival? Ho notato che su Facebook hai lasciato molto spazio all’evento e sembravi realmente entusiasta di arrivare in Croazia.
L’organizzatore del festival è un mio caro amico e sono immensamente fiero di quello che ha ottenuto fino ad ora. Le line-up degli ultimi tre anni sono state niente di più che incredibili. L’atmosfera, le persone e le vibrazioni che si percepiscono sono tutto ciò che c’è di più giusto nell’industria musicale. Adoro ogni secondo del Dimensions e spero di tornarci presto.[/tab]
[tab title=”English”]David Wolstencroft aka Trus’me got thousand skins. Every new album is a shed. It’s easy for him what for many is an insurmountable pass: always restart from the beginning putting him to the test. For David it’s natural, like is simple the interest he invests in every aspect of his job, whether be a album’s cover, the accessibility of a web site or the sampling search method. Listening to him now isn’t accountable at all about who he was and the music that immediately fascinated Gilles Peterson and Juan Atkinsin in 2007, before his debut. Was released, 19th of September, a remix album of his “Treat Me Right” – that you can already order via the beautiful web site of his label Prime Numbers – full of high quality collaborations and anticipated by the success of “I Want You” remix by Alan Fitzpatrick. We interviewed him, giving much room for the label he founded in 2008 and his past and present discography. A good investment for your ears.
The first question is necessary. Tell us how your label Prime Numbers is born.
Being burnt on my first few releases led to the birth of Prime Numbers. The undertaking of starting a label from scratch wasn’t easy and was a huge learning curve. I had to learn the ins and outs of running a record label while continuing to push myself as an artist. Looking back now I believe this was the step forward that I needed. It’s natural progression and something you just do because you love it and it’s your passion. Prime Numbers gave me a platform not only for my own work but for friends and acts I wanted to work with.
You started your career under the Fat City Recordings, a label that in the past produced hip-hop music too, with “I Am Not For Sale” by John Robinson. How much your way of working on an album is changed now that you can produce by your own and the music influences are different?
I try not to get caught up in the whole hype thing and keep myself grounded with the music I have always loved. I spend a lot of time preparing mixes for my ‘Beach Music’ series, taking in records that I truly admire and inspire me, which tend to be a million miles always from electronic music. My taste is vast but always musically in the same hemisphere hence I draw most of my inspiration from my interpretations from these records. So I always have a clear mind on what my next approach is when sitting down to make an LP.
Although your catalogue is a recent constitution, you could put in it several artists. Some of them even well-known, like Actress and Motor City Drum Ensemble. Who are instead the other musicians in the roster?
Linkwood and Fudge Fingas helped to set the tone at the beginnings of the label and we have also worked with great producers such as Andres and Move D. I select music for the label purely on what I’m feeling at the time, not on the name. This can be seen with the range of new acts like Nick Sinna, Hakim Murphy, Napiheadz, Reggie Dokes, Luke Hess, Vril and Modini who have music coming out on Prime Numbers soon.
Let’s talk about your albums now. With the last one, “Treat Me Right”, it seems that you have flipped your production considerably. How you set the standards for this project? Did you have to work on it for a long time or was it a instinctive twist?
I like to think I’m always pushing myself, once I feel I have exhausted a certain skill set I’m onto the next whether that be a new production technique or a whole new genre. From the first to my present LP you can see a clear example of this through sampling on my MPC during “Working Nights”, then a full live studio recording with the likes of Amp Fiddler and Dam Funk on “In The Red” to my last LP “Treat Me Right”, where it was just me alone with my synths, drum machines and studio gear.
You dedicated to “Treat Me Right” a triple vinyl of remixes, with works by Luke Hess, Truss, Truncate, Roman Flügel and Alan Fitzpatrick. The final result is great.
They are all people I respect both as producers and as DJs, the whole package and it’s an honor to have them associated with Prime Numbers. I chose them for what they could bring to the label musically. Each and everyone is a cracker and I’ve heard them all out religiously in clubs I have visited or played at, so this is just the icing on the cake. I’m lucky that I have built Prime Numbers up to the point I can take risks and push the music I love, knowing there is a fan base that trusts in what we release.
The remixes are an important part of your production, as proved by another triple vinyl of 2013 – with an extraordinary cover furthermore – entitled “Remixed”, with Marcel Dettmann, Vakula, Ryan Elliot, Ben Klock. How much is important for your music to collaborate with so many different artists?
The previous remix series was such a success that we wanted to continue the series with the new LP. My productions are in such a way that you can take as many parts or as little as you want to draw inspiration and that suits a host of remixers. I have always worked with people I have known and with a knowledge of their productions, so I can give them the artistic freedom to produce something they feel is fitting to the label.
“In The Red”, your second album, seems a point of no return. I read that with this album you wanted to go through new production and recording techniques. From that moment you felt more tied to a digital way of playing music rather that the analog one, because it’s easier to compose with synthesizers during world tours. Is it true?
“In The Red” took its toll on me as a producer. Working with that many musicians and sound engineers took lots of time and energy. I’m very proud of the end result but for now I like to work in my own space and see where my own inspiration takes me when surrounded by my instruments and gadgets.
Your debut “Working Nights” seems part of a very distant time. Seven years are passed but in your music there’s not too much more of that legacy. Could you tell us how you started playing music and what were your main influences during that period?
“Working Nights” is very much in my soul. I was very much a Detroit/Chicago child growing up in Manchester. With parties such as Electric Chair, Keep It Unreal and Eyes Down, I was spoilt with musical vastness and this was apparent in my first LP. To me, music is very much inspiration from your surroundings and for now, that’s around club culture. I hope to keep growing and trying different styles as I progress with my production.
I took a look at the label web site and I noticed that in the back in stock section there are no titles. Looking at the bright side, it means that the label goes full sail ahead. In this section it will be awesome to see your first release on Prime Numbers, the sold-out “$tilnocheck?”. Is there any chance to see it again?
We occasionally repress titles but for now I’m more concerned with new music on the label rather than looking back always to the past. We have so much great stuff out in the next few months including a new LP from myself. There is just no time to look back but to look forward.
Lately you exhibited four different set at Dimensions Festival in Pula. Is there something that ties you particularly to this festival? I saw that on your Facebook page you dedicated a lot of contents to the event and you seemed really enthusiastic to reach Croatia.
A good friend of mine began the festival and I am immensely proud of what he has achieved so far. The line-ups over the 3 years have been nothing short of incredible. The atmosphere, people and vibe there is everything that is right with the music industry. I love every second of it and hope to go back very soon.[/tab]
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