Ci eravamo già occupati di un progetto affascinante come Uhuru Republic poco tempo fa ma si sa, le cose interessanti hanno gemmazioni le cui spore vanno inseguite e rivelano coltivazioni preziose. Una delle persone coinvolte in quel progetto, Giulia Passera, fa parte anche di un altro collettivo, il Nebula Collective. Già attivo in situazioni interessanti, e con un approccio sempre “aperto” e improntato al dialogo con le culture (vedi ad esempio il rapporto di collaborazione con la Durjoy Bangladesh Foundation), venerdì 26 marzo alla 17 sarà protagonista di una performance molto interessante. Interessante per il contenuto, con i validissimi Dirty Channels – una delle eccellenze locali del clubbing milanese – in azione in dj set e ripresi in maniera “aerea”, tanto da restituire la bellezza dei luoghi nel centro di Milano spesso ignorata o sottovalutata. Il tutto ideato, organizzato e confezionato appunto da Nebula Collective, realtà fondata oltre che da Giulia Passera anche dalla fashion designer Serena Civiero (cittadina del mondo: lavora per una società londinese, che l’ha mandata tra Bangladesh e Cina e fare ricerca&sviluppo). Qui il post che spiega un po’ di cose, subito sotto un teaser:
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“Vabbé, bello, comunque è uno streaming per quanto fatto bene, niente di più”, direte. In realtà le cose non stanno così. La visione di questo set sarà infatti a pagamento, ma il pagamento va ad una causa molto importante. Paradossalmente pochi ne conoscono l’esistenza, soprattutto fuori Milano, ma nella metropoli lombarda c’è una vera e propria Casa Degli Artisti. In pieno centro. Nel salotto buono della città. Fondata ancora nel lontano 1909 da due fratelli mecenati innamorati dell’arte, è passata attraverso i decenni tra varie traversie. Ad un certo punto è stata anche parzialmente occupata, ad opera del CSOA Garibaldi, fine anni ’90, mantenendo comunque sempre la sua vocazione d’uso. L’occupazione è stata smantellata, pochi anni dopo tutto l’edificio è stato chiuso perché pericolante.
Ecco: spesso in Italia le storie si formano qui. Milano, che potrà avere anche molti difetti (e li ha), ha però la capacità di saper unire energie e capitali ed indirizzarli, di tanto in tanto, in cause veramente belle. Una collaborazione virtuosa tra arte e privati, una forma 2.0 di mecenatismo che incide davvero nel tessuto cittadini, non è solo un divertimenti “di corte” per ricchi armati di noia e buone intenzioni. Su spinta del Municipio 1, è stato chiesto a Tecnocasa (come scomputo per gli oneri di urbanizzazione di un condominio di lusso adiacente) di provvedere alla ristrutturazione degli spazi. Sono stati radunati attorno all’operazione altri sponsor/partner di peso (tra cui in primis una banca, la Paribas) e si è potuta rinnovare l’utopia di avere degli spazi interamente dedicati all’arte ed alla creazione: un posto dove gli artisti possono sentirsi “a casa”, dove possono stare, dove possono germinare idee ed opere. Se pensiate sia banale la risposta è che no, non lo è per nulla. In realtà in un mondo migliore dovrebbe esserci una o più “Case Degli Artisti” in ogni città sostenuta dal pubblico ed eventualmente dal privato, ma sappiamo tutti che non succede. E’ già tanto se è rimasta qualche Casa Del Popolo, in Toscana, dove i pensionati bevono bianchetti e giocano a carte. O giù di lì.
Il lockdown pandemico è stato ovviamente un duro colpo la Casa Degli Artisti milanese. Da lì è nata l’idea di un crowdfunding, che è ad una settimana e a poche migliaia di stanza dal traguardo finale. In molti si sono spesi per un appello a favore dell’operazione, segno che veramente è un posto rilevante ed amato nel panorama culturale (anche in quello musicale, assolutamente, come potete vedere dal filmato qui sotto).
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Quindi ecco, quanto presentato dal Nebula Collective oltre ad essere interessante di per sé – perché le riprese sono belle, i Dirty Channels sono bravi, tutte le loro operazioni ad oggi sono state interessanti – ha una importanza doppia, perché mette in campo un modello che sarebbe da perseguire. Non l’unico, attenzione: la cultura deve restare libera, non deve per forza essere legata alle istituzioni comunali, alle ugge di una fondazione bancaria, al fatto che si radunino partner più o meno istituzionali. L’esistenza di una forma così consolidata di mecenatismo e laboratorio delle idee non deve ostacolare la creazione e il sostegno a realtà più autonome, irregolari, indipendenti, ancorché vitali e partecipate. Questo sia chiaro. Ma se una pratica è virtuosa, e per giunta coinvolge anche il mondo “serio” (partner istituzionali ed economici, e decidete voi quanta polemica ci sia in queste virgolette), bisogna stare dalla sua parte. E difenderla. E’ un bell’esempio, è una prospettiva importante.
Tornando più da vicino all’attività del Nebula Collective e nello specifico del loro contributo al crowdfunding per la Casa Degli Artisti, abbiamo chiesto a Giulia Passera di parlarcene un po’: “Serena ed io a dicembre 2020 abbiamo fatto una ricerca di luoghi legati all’arte e dj collezionisti di vinile a Milano perché, visto il protrarsi dell’emergenza sanitaria, volevamo organizzare ancora una serie di eventi online prima di partire con gli eventi veri, estendendo la nostra area geografica di azione che fino a quel momento era concentrata su Piemonte e Liguria, dove entrambe abbiamo vissuto. Abbiamo passato una giornata folle a fare incontri con dj e sopralluoghi in gallerie d’arte, laboratori artistici e musei a Milano. A fine giornata non avevamo ancora trovato il luogo ideale, quando mi è venuto in mente di chiamare Christian Gangitano, street artist ed esperto di arte e street art che fa parte del collettivo che gestisce lo spazio di Casa degli artisti, l’avevo conosciuto anni fa durante un festival di musica e street art nelle Marche, un matto geniale, e volevo chiedergli un consiglio, non sapevo che gestisse quello spazio meraviglioso. Christian mi ha raccontato di Casa degli artisti, della storia di questo spazio – nato come prima residenza pubblica per artisti in Italia – e della raccolta fondi, i cui progetti e tempistiche erano talmente in linea con Nebula Collective che sembrava uno scherzo, ed è stato amore a prima vista. I Dirty Channels, invece, sono stati selezionati dalla mia partner Serena perché rappresentano una parte interessante e ricercata della cultura del clubbing a Milano, una cultura che vorremmo portare in Asia quanto prima. Sono giovani, virtuosi, freschi, collezionano e suonano vinili e, alle orecchie di due torinesi come me e Serena, raccontano una delle mille sfaccettature di Milano”.