Lo sappiamo: la ricchezza pacchiana di certe zone dominate dai petrodollari dà un misto di meraviglia e orrore (sinceramente, spesso alla fine vince il secondo). Ora questa bolla socio-economico-geografica si arricchisce di un altro episodio, e la cosa stavolta ci riguarda da vicino – molto più degli hotel di superlusso su isole artificiali, di circuiti di Formula Uno costruiti nel nulla e alte bellezze.
Ci sono sempre isole artificiali di mezzo, comunque: a Dubai infatti ne vogliono costruire una nuova (già deciso il nome: Dream Island) che promette di essere una “nuova Ibiza”. Intento un po’ paradossale un po’ insensato (ma spesso la ricchezza pacchiana genera mosse insensate), considerando che in quell’emirato (Dubai è uno dei sette a comporre gli Emirati Arabi) le politiche su alcool e droghe sono di solite ferocemente proibizioniste e repressive. Per l’alcool si creerà una zona franca, col sistema delle licenze come già accade in altri locali, per la droga non si sa.
Quello che si sa è la quantità dell’investimento economico (circa 4,5 miliardi di euro: praticamente una manovra correttiva italiana per rispettare i parametri dell’Eurozona), investimento che dovrebbe dare vita a due mega-club, quattro club un po’ più standard incastonati sulla spiaggia, cinque hotel. Potrebbe funzionare (anche per la promessa di avere i party in funzione 24 ore su 24, 7 giorni su 7), potrebbe diventare un nuovo cimitero per gli elefanti (l’America ha Las Vegas), potrebbe essere una via di mezzo. Quello che è o dovrebbe esser certo è che il vero spirito originario di Ibiza non si può comprare coi soldi; le fiumane di soldi spesi di inglesi, tedeschi o italiani in gita da sballo magari sì. Staremo a vedere. Perplessi, staremo a vedere.