Che Matthew Herbert sia uno che i punti di vista vuole sempre poterli stravolgere è cosa risaputa. Lo dimostra per come vive la musica e per come la compone. Come quella volta in cui decide che il campionamento di uno sparo non deve avvenire vicino alla pistola, ma dalla parte di chi/cosa il colpo lo riceve: in quel caso una torta che si è divertito a trivellare con un’arma nazista.
Un aneddoto che racconta al meglio l’essenza di Herbert: l’universo sonoro che si fonde con quello concettuale, alla ricerca di un significato che sia sempre più profondo rispetto al suo significante. Cambiando il punto di vista infatti cambia la percezione – come tra chi spara e chi riceve il colpo -, curando i dettagli invece cresce l’importanza del messaggio – non un’arma qualsiasi, un’arma nazista -.
Herbert è una figura complessa, provocatoria, intellettuale, politica e politicizzata. Nel modo in cui governa se stesso e il suo credo, nel modo in cui si oppone alle tematiche che lo circondano.
Herbert non smette mai di guardarsi intorno. Si sente spesso a disagio e usa la musica come metafora di quello che sta vivendo. Assorbe ed elabora le contraddizioni sociali che lo accompagnano lungo tutto il percorso e si schiera, a modo suo, anche in “battaglie” che probabilmente sono troppo ambiziose. Da un punto di vista letterario presenta tutte le caratteristiche dell’eroe tragico e, come in un dramma faustiano, trascende la propria condizione deciso a perseguire il suo scopo fino all’estremo.
Come quando passa otto mesi in una fattoria per campionare e raccontare, in “One Pig”, il ciclo vitale di un maiale per schierarsi contro il consumismo industriale. Quando si lancia come Wishmountain nel campionamento dei prodotti più venduti nei Tesco o come Radioboy contro McDonalds per schierarsi contro le multinazionali. Quando compone “Plat Du Jour” come critica al mondo del food o quando semina nei suoi brani messaggi di denuncia contro “il sistema”.
Il racconto di “One Pig”.
2001, RadioBoy live.
2005, “Plat Du Jour” live al Sònar.
L’Herbert pensiero si fonda poi su imperativi precisi che riguardano il modo di produrre, tanto che con il tempo diventeranno un assioma legato al personaggio.
Agli inizi del 2000 scrive una lista di comandamenti, che aggiornerà in modo incostante negli anni a venire. Un contratto con se stesso in cui spiccano: “No drum machines”. “The sampling of other people’s music is strictly forbidden”. “No presets”. Una lista precisa che ci permette di capire al meglio il perché decida di comporre, ad esempio, un disco utilizzando solo suoni di provenienza casalinga, “Around The House”, o di suoni rapiti nelle sale chirurgiche in “Bodily Functions”. Musica concreta, musique concrète. Il sampling puro e mai banale, legato alle derive politiche del suo pensiero, permette a Matthew Herbert di restituire delle opere in grado di essere lette su piani differenti ogni volta che l’ascoltatore ne abbia voglia.
Herbert – I Hadn’t Known (I Only Heard)
Matthew Herbert – The Audience
Herbert – Desire
Eclettico. Come potrebbe non esserlo uno che dispone e muove in modo cerebrale le pedine del suo scacchiere? Che si tratti di inserirsi sapientemente nel gioco di sguardi tra Gainsbourg e la Bardot o portare per mano i suoi fan tra house, jazz, downtempo, microhouse, techno o sonorità più chill con “Café De Flore” e tutto il repertorio Doctor Rockit.
Tra le cose che gli vengono riconosciute c’è anche la capacità di scegliere i suoi “partners in crime”. C’è l’esperimento con la Matthew Herbert Big Band, un dream team in cui inserisce anche uno sconosciuto Jamie Lidell. Le collaborazioni con i Matmos, il connubio con Koze, le produzioni per Björk e Róisín Murphy, ma soprattutto l’intenso legame artistico con Dani Siciliano, che finirà per diventare anche sua moglie.
Serge Gainsbourg – Bonnie & Clyde (Herbert’s Fred & Ginger Mix)
Doctor Rockit – Café De Flore
Herbert – It’s Only (DJ Koze Remix)
Herbert riesce a estasiare l’ascoltatore più distratto e rapire definitivamente chi è curioso di scoprire la sua storia e perdersi nel suo credo. Colpisce alla testa ma non smette mai di flirtare con il dancefloor.
Questo è Matthew Herbert, riassunto in un “breve” manuale di conversazione.