Gli inglesi sono bravi, lo diciamo da sempre. Freddi? Ma quando mai, non può più vivere di luoghi comuni. Io, da parte mia, sarò sempre un po’ di parte amando ogni singolo aspetto dell’Inghilterra, ma l’EP che ci è giunto tra le mani non sminuisce certo la totale stima che ho per i nostri cugini nord europei. Conoscete i ragazzi del Fuse? No? Shame on you! Chiudete gli occhi, immaginate di essere a Londra ad un party frequentato unicamente da clientela che va a ballare esclusivamente per ballare, atteggiamento inglese e sorrisi a trentadue denti. Bene, seguendo la linea ed il successo dei loro party, la banda del Fuse intraprende la strada impervia e rischiosa della produzione discografica, presentando l’ambizioso progetto Infuse.
Scelta ponderata e senza grossi rischi quella di direzionarsi su di un VA. Cinque artisti, cinque tracce originali e cinque sfumature del sound proprio del party. Caratteristiche diverse, utili a rendere questo various utilizzabile a larga scala. Delicato Pat Ondebaak con la sua “Gypsy”, la traccia più deep della raccolta, un insieme di synth in levare che arrivano e vanno sostituiti da percussioni un po’ soffocate, cupe, tipiche di una uggiosa giornata londinese. L’ecletticità del various si rivela quando sale in cattedra il giapponese Akimoto che, con “Ripper”, rimette in carreggiata quella tech house tipica dei party Fuse. Le sorprese continuano quando Steve Abot fa la sua comparsa e interviene con “Sensual Touch”: disco micro, tipica marcia utile a scaldare le piste, anche grazie alla bassline grave e ben sospinta da un’altrettanto potente bassdrum. Inutile tornare a dire che gli ultimi due dischi della raccolta sono in sostanziale differenza tra loro, così da rimarcare il largo campo di utilizzo di questa uscita. Mentre “Sensual Touch” risuona ancora nelle orecchie Stuart Hawkins mi colpisce al femore con la sua “Pitons”; l’unica nota stonata di questo disco? Il titolo: odio i serpenti, questo vi basti per capire quanto Hawkins abbia fatto breccia tra le mie orecchie. Dopo aver ascoltato una decina di volte Hawkins resta da ascoltare “The Traveller” di Samu l., disco sostanzialmente accomunabile a quello di Akimoto, per via del genere più dritto e spensierato; da sottolineare la pausa micidiale che troviamo nella terza parte del disco.
E’ da tempo che non ascoltavo un various tanto ben fatto. Londra ancora una spanna sopra tutti, e quando dico tutti intendo “London uber alles”.