Grand Canal Records è un’etichetta italiana nata dall’esperienza di Altavoz, la quale si presenta al pubblico con un various artists di sei pezzi dai connotati prettamente house. Il lavoro è un crescendo di ritmo marinaro, quasi da spiaggia (magari in after) e in definitiva, provando a condensare il tutto in unicum, si può tranquillamente dire che Max D. Blas (promotor e co-fondatore proprio di Altavoz) non ha certo badato a troppi fronzoli: pochi suoni e cassa intervallata, voci allegre e tanto tanto ritmo. Insomma, sei tracce vive per un disco tutto da ballare.
Va sottolineato che con questo primo lavoro l’owner, autore fra l’altro di “Banquero” (la prima traccia del disco), e i suoi compagni sono riusciti a dare subito un marchio alle produzioni Grand Canal, uno stigma disco-latineggiante e vagamente lucianesco poggiato, però, su una struttura solida (vorrei definirla “italica” ma ho troppa paura di richiamare ideologie che ben poco hanno a che spartire con i sorrisi di Altavoz) che richiama in modo inconfondibile quanto di meglio il panorama house italiano ci ha regalato negli ultimi tempi.
Mani al celo a parte, il disco è tambureggiante in certi punti ma distante dalla linea di confine che divide lo sforzo normale da quello speciale. Peccato, perché il salto di qualità era lì a portata di mano. Un paio di sprazzi di alto livello, infatti, ci sono, cavolo se ci sono: l’idea di fondo di “Follow”, disco che porta la firma di Kaysand, è molto interessante (Francesco riesce ogni volta a combinare in modo perfetto semplicità, sensualità e qualità), così come alcuni tratti del brano di Okee Ru, che si conferma sempre più come uno dei nomi più caldi ed interessanti del movimento. Sì, direi che sono questi i momenti più alti del lavoro (insieme a “Flag Brothers” di Paolo Tamoni), che viene chiuso, nell’ordine, dai pezzi di Autre ed Alex Piccini.
Il disco, come detto, è davvero buono; il prossimo, però, me lo aspetto ottimo. Voi?