Direi che l’atmosfera del disco è decisamente dark, certamente solitaria. Mi vengono in mente quegli enormi capannoni abbandonati, fra campagna e periferia. Grossi fabbricati col tetto di plastica, vuoti, che campeggiano sulla punta di quella collinetta da quando tu hai memoria. Entri dentro e tutto scricchiola. Ovunque è pieno di polvere e sa di vecchio. Ma la musica batte e riverbera e spinge e scalcia nelle grandi casse nere. Alla console c’è un fantasma con le cuffie. La pista non esiste ma nonostante ciò qualcuno che balla c’è. Una donna. La sua donna. Lei è viva – non è affatto un fantasma – e balla e volteggia su note che con il volteggio e con la grazia non hanno nulla a che spartire. Sono dischi ruvidi. Lei è umana, dunque, al punto che i suoi piedi lisci e impolverati non sfiorano il pavimento per almeno due minuti, mentre li osservo incuriosito. Non sono molte le donne disposte a sporcarsi i piedi. Io guardo e ascolto, ma non dico niente. So tutto del fantasma e della donna, dell’amore e della techno, ma sto zitto. Un suono moderno, il silenzio, l’apoteosi del minimalismo.
Il fantasma – il dj – ha mille anni e viene da Techlonia, pianeta dove fino a qualche secolo prima suonava per folle impazzite di esseri umani, animali, vegetali e marziani. A Techlonia la gente impazziva per lui ed era disposta a fare una settimana di fila pur di andarlo a sentire nel club più importante del pianeta, il mitico Tresor. Ma che pezzi metteva per farsi adorare in maniera così viscerale? Ve lo dico io, questi: “YO2” di Marcelus, “Cobal” di Kerri Chandler, “Music In My Head” di Santonio & friends aka A.E.S, “Amnesia” (un unreleasd di Santonio del ‘93), “III” di Deepside, e altri ancora. Roba di Chicago e Detroit, Berlino e Techlonia. Roba forte, “KERN Vol. 1”, appunto.
Ma non c’è solo ottima techno in questa raccolta firmata Tresor, fatta di pezzi nuovi di pacca e rarities. “Karn Evil #10” di Xpander, per esempio, è una bella miscela di cassa housy latina (quasi baleare), synth piuttosto inaciditi e sirene anni ’80. Ma la cosa davvero interessante del pezzo è che, pure quando fiuti la destinazione finale, qualcosa che conosci a menadito, il suono riesce ad essere sufficientemente scuro da lasciarti almeno un po’ di tabacco nei polmoni. E sei di nuovo nel capannone. Sotto cassa a destra, a goderti lo spettacolo di una donna che balla techno per te. Chiunque tu sia.