Quando una serie di elementi chiave come la passione, l’attaccamento viscerale al territorio ed una voglia matta di puntare l’asticella sempre più in là si amalgamano fra di loro il risultato non può che avere già un’ottima base di partenza. Il progetto Tiella Sound ne è un chiaro esempio con Luca Bigote da anni impegnato a dirigere il tutto da dietro le quinte come unico vero attore principale, il tutto poi unito alla sua passione per i giradischi ed il vinile dove tra l’Italia e l’estero è facile intercettarlo anche dietro la console. La serie di podcast che inondano Tiella Sound e il radio show mensile su LYL Radio, scandisce bene l’idea che si vuole dare al lavoro: nessuna barriera musicale dove nuove e vecchie leve del mondo del djing si alternano con grande frequenza. Tra le numerose personalità che hanno lasciato il segno nei tanti mixati di Tiella Sound l’occhio cade facilmente su una lista davvero impressionante di artisti: da Tim Lawrence, passando per Giorgio Luceri, fino ad arrivare a Red D, il passo è stato veramente molto breve. Se già tutto questo contenitore può essere sufficiente per presentarsi al meglio con un curriculum vitae niente male ecco la novità che incuriosisce e lo proietta verso nuovi orizzonti. Dopo una prima fase dedicata per lo più alla raccolta di podcast e party ad hoc, Tiella Sound si lancia nel mondo della produzione con una primissima release firmata da VAISA da cui il titolo dell’omonimo album. Una scintilla questa che segna decisamente uno step successivo per Tiella Sound, un passo quasi automatico nel momento in cui si hanno delle cose da raccontare ed un progetto alle spalle solido e duraturo. Per saperne di più ed andare in profondità catturando dettagli ed aneddoti abbiamo chiamato in causa chi questo progetto lo porta avanti da anni, Luca Bigote, e l’artista VAISA al suo debutto su Tiella Sound. Ma facile l’abbiate già intercettato come Feel Fly.
L’intervista ha due protagonisti, Luca Bigote e VAISA.
- Luca Bigote.
Caro Luca ci piacerebbe partire da lontano e quindi non possiamo tralasciare il fatto che il nome Tiella Sound richiami vagamente atmosfere soleggiate di provincia e fuori dalle affollate metropoli di città. Come nasce questo curioso progetto e soprattutto come si è alimentato negli anni?
Il progetto è nato un po’ per caso, per la precisione in una notte di mezza estate, dopo uno dei party “Francamente Metto Un Disco (FMUD)” che io e il mio socio Gàfas abbiamo organizzato a Gaeta (LT) per tre estati consecutive tra il 2017 e il 2019. Alla fine di quella serata siamo andati a complimentarci con l’ospite per il bellissimo dj set, ricevendo come feedback che era stato merito delle tielle assaggiate a cena, un piatto tipico della mia città, e ciò che era venuto fuori dagli speaker era stato una sorta di “tiella sound”. Da quel momento, quelle due paroline magiche non sono più uscite dalla mia testa, anche perché riassumevano perfettamente la mia passione per la musica e le mie origini. Il primo step è stato cercare uno spazio fisso su una web-radio del circuito underground, cosa che si è poi concretizzata nella residenza bimestrale su LYL. Contestualmente ha cominciato a svilupparsi anche la mix series su SoundCloud, che oggi conta più di 70 episodi e un range musicale variegato ma sempre all’insegna della qualità.
L’idea di spingersi anche nella produzione, quindi diventare etichetta, sarà un punto fermo nel prossimo futuro o come dire è solo un qualcosa in più che si è aggiunto al progetto Tiella Sound?
La label sarà parte integrante del progetto, un tassello importante che darà più spessore al tutto e, come hai ben detto tu, puntare l’asticella più in là. Ci pensavo da un bel po’, visto e considerato che mi è sempre piaciuto proporre, condividere e spingere musica altrui, molto più di tentare di produrre musica mia, ma prima di prendere una decisione finale c’è voluto del tempo. I costi sono sostanziosi e, in un contesto dominato dalla musica liquida e in streaming, stampare in vinile al giorno d’oggi si può definire quasi un atto di coraggio, soprattutto quando si tratta di materiale che si rivolge a contesti molto di nicchia. L’idea iniziale era di far partire l’etichetta con una trilogia: tre album di tre diversi amici artisti a me molto cari e legati in qualche modo a Gaeta. Alla fine la cosa non è andata in porto perché di un album non è stato possibile reperire tutto il materiale per il missaggio e il mastering, ma sono felicissimo che questo incidente di percorso non abbia bloccato tutto, anzi, mi abbia dato addirittura più spinta per concretizzare il resto e far uscire adesso l’album di debutto di VAISA (TIELLA001), a cui seguirà quello di Livio Improta (TIELLA002) previsto per inizio dicembre.
Parlando dal lato strettamente del djing e della tua passione principale dietro la console quali sono i tuoi progetti paralleli che stai portando avanti aldilà di Tiella Sound.
Mi sono appena trasferito a Milano proprio per riprendere un discorso che l’arrivo del COVID e il ritorno a Gaeta avevano un po’ rallentato. Stare nella mia cittadina tre anni è stato bellissimo perché mi ha ricongiunto con aspetti della vita quotidiana che durante i sei anni a Berlino avevo un po’ dimenticato, ma allo stesso tempo ho avuto la conferma che non vivere in prima persona i “centri di interesse musicali” ha delle conseguenze. In un momento in cui il networking è sempre più cruciale, c’è bisogno di stare dove c’è movimento e dove accadono cose per avere più possibilità di trovarsi al momento giusto nel posto giusto. Stare a Berlino mi ha aperto molte porte e sono sicuro che Milano farà lo stesso. Mi piacerebbe curare la residenza in un club, mi sto già muovendo e mi auguro che qualcosa si concretizzi presto. Oltre il deejaying, vorrei rispolverare Nostalgia Del Futuro, il mio side-project dedicato a sonorizzazioni ambient. Vorrei mettere su una performance multidisciplinare con musica, video art, danza e spoken word e portarla nei musei o nelle gallerie d’arte. È una bella sfida che spero di riuscire a realizzare.
- VAISA.
Il debutto assoluto su un’etichetta che praticamente stai tenendo a battesimo con questo tuo primo lavoro porta con sé tanta responsabilità ed anche inutile nasconderlo molte aspettative. Come hai organizzato questo viaggio sonoro poi trasformato in album?
Verissimo, la posta in gioco è alta, ma la fiducia che Luca ha riposto in me ha cancellato ogni dubbio o timore. Investire in un progetto da zero, gettando le basi per una nuova label indipendente e al tempo stesso presentando un artista, sconosciuto ai più (come nel caso del mio progetto b-side) è una sfida che senz’altro mi rende orgoglioso e speranzoso. Sì perché è come se rendesse davvero concreto quello in cui sogno e credo fortemente, ovvero fare spazio alla musica, alla ricerca e porre al centro dell’attenzione ciò che arriva con il puro ascolto anziché puntare al nome di tendenza per un rapido riscontro o al prodotto già confezionato e facilmente pronto per l’utilizzo. Nel caso specifico di questo lavoro si è trattato difatti di un vero e proprio salto nel buio, cosa che ribadisco rende ancor più autentico, nonché magico il creare musica. Il progetto VAISA altro non è che la manifestazione di uno dei tanti lati della mia sfaccettata anima artistica, che ho alimentato negli anni lasciando spazio a quello che mi piacerebbe definire come “suono altro”. Questo mini-album omonimo è nato selezionando i lavori più significativi e che più rispecchiano la mia visione di questo progetto; materiale sonoro modellato durante alcune delle mie prime performance live tra festival, residenze e date sparse in giro per l’Italia nell’arco di uno spazio temporale che va dal 2014 al 2016. In quegli anni vivevo di contaminazioni e scambi con altri artisti soprattutto appartenenti a sfere musicali lontane dal mio circuito. E così la curiosità verso ciò che riuscivo a intercettare di musicalmente diverso da me, in qualche modo mi ha arricchito e stimolato, sollecitandomi suggestioni musicali che, come in questo caso, non pensavo nemmeno di possedere. Le tracce presenti nel disco sono nate senza nessuna pretesa, se non la voglia di dare spazio a qualcosa che si agitava dentro di me. Il tutto avveniva in totale assenza del classico assetto “da studio”, durante delle vere proprie sessioni live tra infinite ore di registrazioni, sommerso da nastri, synth e l’aspettativa-volontà di far uscire un suono-rumore che mi colpisse da qualsiasi oggetto, macchina o strumento, anche quello meno convenzionale. Per questo progetto ho definito come prima cosa una cornice, il cui fulcro è stato l’approccio artigianale alla materia sonora, impostando un setup minimale ed eliminando man mano ciò che potesse essere superfluo. A differenza di altri miei progetti, ho dato spazio al sampling, cercando un’anima parallela al suono sovraincidendo e modificando anche pesantemente il sample che mi incuriosiva o che mi colpiva. Campionatore, mangianastri, synth e qualche pedale. Questo mi ha dato modo di comprendere fino in fondo che il limite può essere davvero un valore aggiunto nel processo creativo.
Chi ti conosce sa che hai diversi progetti musicali, Feel Fly forse rimane quello principale. Il tuo percorso musicale quindi si è evoluto molto negli anni, quali sono state le tappe principali che ti hanno aperto anche verso nuovi orizzonti come nel caso di VAISA?
Sicuramente Feel Fly è il mio progetto cardine, quello cioè che mi accompagna da più tempo e facilmente riconducibile ad una matrice dance-oriented. Con Feel Fly è come se avessi definito una chiave estetica, chiara seppur ampia e poliedrica e credo si possa percepire nei miei ultimi 12” tra i balearic touches, di ‘Mediterranean Dreams’ uscito su International Feel, così come nelle sonorità più introspettive di ‘Sacrificio’ su New Interplanetary Melodies. Release, queste ultime, abbastanza distanti, ma tutte accumunate da una velata presenza di sacralità e da atmosfere eteree. Un pattern che mi caratterizza e non a caso ritrovo anche in VAISA. Penso che l’evoluzione del mio percorso artistico si celi dietro alla curiosità e il desiderio di andar oltre. Muoversi, seguendo il vento, che sia esso favorevole o capace di farti scappare dalla tempesta. Il motore infinito di questa azione è la musica, in tutte le sue sfumature. Tra le tappe fondamentali metterei sicuramente i primi lavori come composer per dei piccoli spettacoli teatrali o i primi cortometraggi che mi hanno fatto immergere in un modo trasversale e diverso di vivere la musica. Così come il progetto Palenque Pacal, nato nello stesso periodo insieme al batterista Jacopo Fiore (con cui tutt’ora continuano varie collaborazioni) e Damiano Rizzo (già mio socio nel party Afro Templum). Un’esperienza totalizzante in cui abbiamo sonorizzato live il film “Fractions of Temporary Periods ovvero Plans-séquences per una bambina” di Piero Bargellini (1965) attraverso l’act ‘Vinyl Sonata Für 4 Turntables And Drums’; presentandolo in realtà come il Bergamo Film Meeting festival, l’Art Week di Tunisi, in rassegna al Cinema Beltrade di Milano, Kilowatt Bologna e altre ancora. Un vero e proprio linguaggio codice creato ad hoc per il film tramite l’utilizzo di quattro giradischi, percussioni e batteria. Infine posso dire che anche il clima e l’humus culturale respirati nella mia città, Perugia, hanno ricoperto un ruolo essenziale per la mia formazione artistica. Uno scambio reciproco quello con la realtà perugina, ricca di “infiniti microcosmi”, come li ha definiti in un articolo su Vice il mio amico Leon Benz.
Ci piace sempre finire lasciando qualche frammento musicale magari poi da approfondire, quali sono allo stato attuale i tre album che maggiormente stai ascoltando e che hanno in qualche modo anche influenzato le tue ultime produzioni?
Mong Tong 夢東 – 台灣謎景 Music from Taiwan Mystery
Lp colonna sonora di una serie di due libri d’arte sulla cultura e il mito taiwanese. Atmosfere esotiche e lenti ritmi psichedelici si mescolano a vecchi campioni di film e arcade in una magica formula alchemica.
AUTORHYTHM – Songs for the Nervous System
Artista svedese scoperto questa estate tramite uno dei frequenti ascolti notturni del mio programma preferito su Rai Radio3, Battiti; composizioni intuitive dai ritmi trascinanti e paesaggi sonori caleidoscopici.
Mark Pritchard – Under The Sun
Disco del 2016 illuminante e che ho riascoltato di frequente da poco. Global Comunication – 76:14 è uno dei miei pilastri e questo forse spiega perché sono cosi affezionato a questo lavoro solista di Mark, davvero di spessore.