Stellare è una di quelle preziose, preziosissime unit creative che attraversano il mondo dell’elettronica esplorandone i lati più periferici, creativi, poetici, senza insistere insomma solo sul lato più remunerativo e “facile”: perché sì, diciamolo, l’elettronica declinata solo ed esclusivamente sul dancefloor spesso diventa una giustificazione per fare, creativamente parlando, il minimo indispensabile, e soprattutto ponendosi meno domande possibili sul mondo (…nulla di nuovo sotto il cielo: la produzione di dischi dance stile “catena di montaggio” è anzi una cosa che ha spesso e volentieri contrassegnato l’Italia negli anni ’80 e ’90).
Sia chiaro: anche a stare nel mondo della dance c’è bisogno di talento, sensibilità e professionalità, per fare le cose per bene. L’importante è non perdere mai di vista l’arte, la voglia di mettersi alla prova, la voglia di esplorare. Di una cosa siamo sicuri: Valentini è un producer di talento vero, ed uno che anche se ha a lungo lavorato nelle “fabbriche del suono” dance (e non solo…) non ha mai perso la voglia di immettere poesia in quello che fa, quando ne ha la responsabilità in prima persona, ovviamente mantenendo un’alta competenza tecnica. Negli ultimi anni forse ancora più che in passato (e già ci era piaciuto assai, quando lo incrociammo allo JägerMusic Lab di cinque anni fa).
Ci sta eccome che le strade di Valentini e Stellare si siano quindi incrociate. Il risultato pieno lo scopriremo tra un mesetto, il 21 marzo, quando uscirà l’album “Ruit Hora”, e avendolo sentito in anteprima vi assicuriamo che è un risultato notevolissimo. Come notevole è il video, che abbiamo il piacere di presentare in anteprima, estratto dalla traccia “Detentio”, suggestiva anticipazione dell’LP. Ecco il video, ma più sotto cediamo la parola allo stesso Valentini e al regista della clip che accompagna “Detentio”, Giacomo Bolzani. Ci sono molte considerazioni interessanti.
Valentini: “L’ho scelto come primo singolo sia per dare da subito un’impronta sonora ben precisa al percorso – che culminerà con l’uscita dell’album – sia perché su questa traccia abbiamo concepito e creato il videoclip che oggi siamo felici di presentare qui. Il titolo ‘Detentio’ richiama l’idea di una prigionia interiore, un blocco emotivo e mentale che intrappola chi lo vive in un confronto incessante con i propri demoni. È una sorta di riflessione artistica che trasforma l’angoscia in musica esprimendo la lotta silenziosa contro ciò che è spesso taciuto”.
Giacomo: “Mattia cercava un’idea che potesse esistere senza musica. O meglio, una storia alla quale la musica si sarebbe potuta aggiungere, diventandone colonna sonora. Cercava un cortometraggio, di fatto, un non-videoclip. Credo si sia rivolto a me appunto per questo, perché nasco come documentarista. E infatti lo spunto è arrivato dal paesaggio, un torrente in Val Mastallone dove l’estate scorsa sono stato con la famiglia. Cupo ma rigoglioso, punteggiato di grandi rocce bianche, a due passi dal bosco. Sembrava nascondere un segreto, una storia già in atto da diverso tempo. Dopo qualche giorno di esplorazione ho capito che avrebbe potuto ospitare un personaggio tormentato, sconfitto forse da un dolore passato, il cui unico appiglio restava la strana ricerca del sasso perfetto. Ho poi immaginato che un ‘turista’ arrivasse a sorprenderlo nel vivo di questo suo privatissimo rituale. Come avrebbe reagito? Il video è nato così. Con la voglia di abitare quel paesaggio attraverso un’azione minima, reiterata, improvvisamente messa in scacco da uno sguardo esterno. La musica di Mattia ha poi fatto il resto, definendo perfettamente l’atmosfera introspettiva necessaria a raccontare il disagio di un’ossessione”.
Valentini: “Ho già collaborato con Giacomo in due dei suoi film come compositore e volevo che fosse proprio lui, con il suo linguaggio, a raccontare visivamente questo mio sfogo musicale, che strizza l’occhio più al cinema che al panorama musicale o ad un “singolo” vero e proprio come del resto tutto questo mio nuovo disco”.
Giacomo: “Mi era chiaro ci sarebbe servita una presenza scenica piuttosto forte. Capace di lavorare con il corpo prima che con il viso. Che fosse in grado di esasperare l’imprevisto, rendendo assoluta un’azione minima, come quella della raccolta del sasso. Cercavo l’ossessione del gesto, sempre diverso eppure sempre uguale a sé stesso. Ho pensato che un performer sarebbe stata la giusta soluzione. Una figura abituata ad esprimersi attraverso il movimento. Cristian Cucco si è rivelato da subito perfetto. E’ bastato molto poco a renderlo personaggio. Dopo le prime prove, lui stesso mi ha detto che il resto lo avrebbe definito una volta sul set, che il paesaggio lo avrebbe aiutato a trovare l’equilibrio-disequilibrio adeguati. C’è stato poi un buon lavoro di trucco e styling. Serviva infatti renderlo trascurato ma senza esagerare. Lo abbiamo immaginato con una casa, con un lavoro passato. Quindi vestito secondo un codice quasi civile. Eppure perduto, smarrito nel loop di un’azione senza tempo. Mentre il drone, nella mia visione, è un insetto. Un occhio esterno, meccanico. Che assale il personaggio e dal quale il personaggio cerca di difendersi. Rappresenta l’invasione ulteriore della sfera intima e privata, la stessa che oltrepassiamo noi, palesandoci come improvvisa presenza”.