Ennesima raccolta, ennesimo viaggio, questo “New Jack Techno” di casa Turbo. “Iron & Water”, la traccia che apre il disco firmata da Gingy & Bordello è un bel lungone techno, di quelli che nel novantaquattro avrebbe svuotato un rave party, suscitando l’ira dei presenti ma che oggi, col dilagare della cassa intervallata housettina, risulta fin troppo…techno.
“Different Phats” è un pezzo di difficile comprensione, almeno per me, che seppur riascoltato più volte non si lascia collocare da nessuna parte, per stile e per concetto. Il che non è necessariamente un male, ma messa così, come un grosso loop sperimentale, risulta fuori contesto, lontano dalla mia portata uditiva. Meglio se fosse stata la traccia d’apertura dell’album, o il “the end”. “Wasteland” e “Tie Dye” sono due performance a metà fra techno ed electro, qualcosa che potrebbe somigliare a musica nuova, roba che solo per questo motivo sarebbe già degna di stima. Il problema però è nella qualità. Soprattutto la prima è davvero labirintica nel suo cuore di strada. Non so, è strana. La seconda invece è più rotonda, con un finale di pezzo di ottimo livello (anche se la parte centrale è parecchio “rumorosa”).
Poi ci sono i pezzi di Nautiluss e Sei-A, artisti di cui si parla abbastanza bene ultimamente (soprattutto del primo), capaci di esprimersi discretamente, ma che a me risultano – come dire – incompleti? Mi spiego meglio: io credo che una canzone (o traccia, o pezzo) debba esprimere tutta se stessa come se fosse una storia, un piccolo film senza immagini. Il problema della musica elettronica, negli ultimi tempi, è che spesso manca di questo fine ultimo, ovvero suscitare un’emozione. Vedo troppa ginnastica, grossi studi di registrazioni…ma per cosa? Niente in particolare contro un various che, seppur privo di una certa magia, almeno ha il coraggio di proporre qualcosa di diverso, come dimostra Duke Dumont con la sua ottima “Underground Persistence”, traccia tosta come una scimitarra, sincopata al punto giusto e abbastanza aggressiva da farti dire “ehy!”.