In Italia oggi, ci sono festival bellissimi! Potrà sembrare un assunto banale, lo comprendiamo, ma non ne siamo assolutamente sicuri, quindi preferiamo correre il rischio di dire una cosa ovvia, piuttosto che legittimare certi discorsi su come il bello sia sempre e solo fuori confine. Se leggete le nostre pagine, sarete bene informati sulle realtà che riteniamo più meritevoli d’attenzione, ce ne sono diverse che remano contro certi immobilismi dei finanziamenti regionali-locali, proponendo rassegne di qualità, coraggiose e ben pensate, capaci di integrarsi con le opportunità offerte dai nostri territori, diversissimi per natura, in un binomio musica/esperienza dal respiro – finalmente – europeo. Il Vasto Siren Fest è tra queste.
In appena tre edizioni, il festival abruzzese si pone come uno degli appuntamenti imperdibili dell’estate italiana, con un cartellone dai nomi particolari – ci torneremo per bene sopra tra un po’ – e una cornice ricca di fascino, tra mare – il Siren Beach nel lido Sabbia d’Oro – e centro città – da Piazza del Popolo, al Cortile d’Avalos e i suoi incantevoli giardini, passando per l’esperienza gratuita del palco dinnanzi a Porta San Pietro – in orario diurno e serale, fino a notte inoltrata.
Un cartellone “particolare”, dicevamo, perché negli anni il Vasto Siren Fest si è imposto come un contenitore di eccellenze provenienti dal panorama italiano e da quello internazionale, con una selezione musicale eclettica, in assoluta coerenza con i tempi contemporanei che stiamo vivendo, quelli della contaminazione totale tra suoni.
L’edizione 2016 si è aperta il giovedì con le immagini e le parole di Adam Green – proiezione del lungometraggio psichedelico “Aladdin” e scambio di opinioni con la mediazione di Giulia Blasi – per poi volgere in musica sotto il segno della chitarra acustica dell’americano, co-fondatore dei Sonic Youth, Lee Ranaldo. Esibizione a tratti ipnotica, impeccabile e di grande gusto.
Il secondo giorno, venerdì, la rassegna ha un calendario più lungo – così come il sabato, ovvero le giornate festivaliere centrali – con incontri sul fumetto – presentazione con gli autori di “Anubi” e “Scarabocchi” mediata da Ratigher – e tanta buona musica: perfetta ci è sembrata l’apertura di Pop X e i suoi suoni follemente naif, mentre sul palco centrale di Piazza del Popolo si esibivano i pionieri del dream-pop A.R. Kane, per i quali il tempo sembra essersi cristallizzato al 1994. Il tempo di mangiare prodotti tipici locali – grazie agli stand disseminati per la città dall’ottimo rapporto qualità/prezzo – che abbiamo iniziato ad operare qualche scelta. I tre palchi dove c’è sempre musica le impongono, seppur molto vicini l’uno all’altro e facilmente raggiungibili. Così, mentre nei Giardini d’Avalos è la chitarra di Tess Parks a monopolizzare l’attenzione di un pubblico già numeroso, ci spostiamo nel Cortile d’Avalos per Nosaj Thing. Il giovanissimo talento di Los Angeles regala una delle migliori esibizioni della giornata, un set elettronico con cadenze hip-hop che hanno pescato parimenti dai suoi tre album in studio dati alle stampe tra il 2009 e il 2015. Con ancora nelle orecchie le note del pezzo “Eclipse/Blue”, hanno imbracciano gli strumenti Adam Green e band, per un concerto folk coloratissimo ed esotico, finalmente dal vivo dopo il primo giorno in cui l’attenzione era posta alla controparte visiva del progetto. Il nostro Siren Fest è proseguito con due concerti che vogliamo definire “pop”, nell’accezione più pura del termine. Da un lato Calcutta (Piazza del Popolo), dall’altro Cosmo (Porta San Pietro) per entrambi bagno di folla e voci all’unisono a cantare i pezzi, quelli di due ragazzi, visibilmente emozionati, nonostante stiano macinando il tutto-esaurito ovunque in Italia. E’ musica che può piacere o meno, ma vedere una partecipazione così accorata dei presenti non capita tutti i giorni. Due cose da raccontare: l’esibizione di Calcutta si è conclusa con un duetto con I Cani sulle note di una “Cosa Mi Manchi A Fare” in acustico, mentre per Cosmo c’è stato un incredibile “abbraccio collettivo” del pubblico. Di fatto Marco (questo il suo nome vero) ha cantato nella folla che lo ha circondato completamente. Chiude il festival cittadino lo show – è proprio questo il termine più adatto – degli Editors, mattatori autentici gli va riconosciuto, pur essendo dei portavoce di un suono rock “da stadio” che riteniamo un po’ lontano dalle nostre corde. Il dj-set di Clap! Clap!, sulla spiaggia, è la degna conclusione della giornata, tra afro-beat e ritmi più cadenzati.
Il terzo giorno, sabato, giungiamo a Vasto sul presto, vivendo appieno quella che è l’atmosfera che gli organizzatori hanno voluto per il loro pubblico: mattina di mare al Siren Beach, bagno e relax per poi raggiungere, dopo pranzo, il centro città e godersi l’incontro, presso i Giardini d’Avalos, con Valerio Mattioli che racconta la genesi del suo libro “Superonda – storia segreta della musica italiana” con gli interventi di Chiara Colli e di Giovanni Robertini. Il tempo di una degustazione di vini locali – sì, il Vasto Siren Fest è anche questo – che ci godiamo il live, riuscitissimo, di Ry X con la sue sonorità ora elettroniche, ora acustiche, ad accompagnare in modo minimale un timbro vocale caldo e avvolgente. Un set di grande qualità e classe per un pubblico già numerosissimo. Arriva poi il momento di Thurston Moore Group, un altro live che ricorderemo per molto tempo. La musica, inevitabilmente, riporta alla mente gli indimenticabili Sonic Youth, dei quali, l’americano, è membro fondatore (incredibile aver assistito in due giorni alle esibizioni di 2/4 della gioventù sonica che fu). Mentre Thurston Moore scende dal palco concedendo strette di mano e foto con i fan più accaniti, raggiungiamo Piazza del Popolo per quella che sarà l’esibizione più intensa ed emozionante di tutto il festival: quella dei Notwist alle prese con il rifacimento integrale del loro album seminale “Neon Golden”. Ci avevano già anticipato qualcosa in occasione della nostra recente intervista, ebbene il concerto ha superato le premesse, già dense di aspettative, con un gruppo più in forma che mai e un suono ancora più oscillante tra il rock che ammicca a sonorità kraute e l’elettronica. Tutto “Neon Golden”, dicevamo, ma anche un finale, dopo una “Pilot” allungata e trasformata in una danza elettronica in 4/4, con incursioni nel passato più recente e un paio di pezzi inediti. E’ il momento dell’elettronica “muscolosa” di Powell, sarà lui l’eroe elettronico della giornata, a maggior ragione avendo Gold Panda dato forfait all’ultimo per problemi di salute. Il padrone di casa Diagonal fa ballare tutti con una techno-Industrial quadrata e dai volumi grossi, al limite del consentito. Con l’eco ancora nelle orecchie ci aspetta in Piazza del Popolo l’altra grande messa laica della rassegna sonora, quella de I Cani. L’esibizione durerà più di due ore e saranno pochi i pezzi del cuore che Niccolò Contessa non canterà davanti ad una platea festante. Finale con il consueto tuffo sul pubblico a suggellare un concerto tecnicamente ed emotivamente impeccabile.
L’indomani ripartiamo, ma solo dopo aver gustato il gran finale nella Chiesa di San Giuseppe con il texano Josh T. Pearson ed il suo country-folk acustico tra il sacro ed il profano, comunque perfetto.
Questo è ciò che abbiamo visto e ascoltato sotto i palchi della quattro giorni del Vasto Siren Fest, ma quello che difficilmente si riesce a comprendere, se si legge il report senza aver assistito ad almeno una delle giornate festivaliere, è proprio l’atmosfera che una cittadina incantevole come quella del centro storico abruzzese può dare, ad un passo dal mare e dalla montagna, con i suoi cibi ed i suoi fuoriprogramma sorprendenti – la grande novità di quest’anno è stato il cosiddetto “vertical stage” ovvero un’affacciata dalla balconata più alta, tra Piazza del Popolo e Porta San Pietro, dove alcuni artisti in calendario – tra i quali Tess Parks e Francesco Motta – si sono esibiti in set acustici voce e chitarra. Nondimeno, il poter incontrare tra le stradine di Vasto i Notwist (ma non erano gli unici musicisti in giro, prima e dopo le rispettive esibizioni) che hanno il sorriso grande come il tuo e che decidono di godersi la rassegna fino alla fine, rende l’idea della spensieratezza che ha contraddistinto la manifestazione. Questo e tanto altro, per un festival, lo abbiamo scritto anche nel titolo, che è una festa, appuntamento ormai irrinunciabile per tutti quelli che sognavano un “Primavera Sound” italiano ed a portata d’uomo, una realtà piccola, ma (già) grandissima.