Dimenticate tutto ciò che è convenzionale. Dimenticate le tendenze. A Venetian Snares non frega assolutamente niente di tutto ciò che c’è “intorno”. Togliete il superfluo: le dinamiche di marketing, le subconsce richieste dei fruitori, il ricavo monetario (etc). In “Traditional Synthesizer Music” c’è solo e soltanto lo stream of consciousness di Aaron Funk nelle vesti di Venetian Snares che vi da il benvenuto nell’elettrizzante mondo dei sintetizzatori modulari. I synth hanno stravolto completamente la scena musicale sin dalla fine degli anni ’60 e catturato l’attenzione dei più “visionari” già una decina d’anni prima. Strumenti complessi quanto intuitivi che seguono principi di funzionamento piuttosto logici: combinandoli tra di loro abbiamo infinite possibilità creative. Talmente tante da poter creare suoni non esistenti nemmeno in natura. A partire dalla forma d’onda scelta (sinusoidale, quadrata, triangolare e a dente di sega) si “patcha” il suono, ossia attraverso i cavi, si da vita ad una sequenza di sintesi.
Ma soffermiamoci un attimo sul titolo dell’album Traditional-Synthesizer-Music. Traditional. Un termine che può risultare più o meno strano, se si pensa all’effettivo contenuto dell’LP.
La domanda quindi sorge pressoché spontanea: che cosa si intende per tradizionale? La mia curiosità mi spinge a fare un veloce search su Google ed ecco il risultato: “Con il termine musica tradizionale si intende generalmente la musica popolare o folklorica”. Ciò fa nascere in me un entusiasmante ragionamento – forse inverosimile, forse completamente astratto – su come il concetto di musica tradizionale possa esser cambiato nel corso degli anni o anche solo come esso stesso possa variare a seconda del genere a cui viene “affibbiato”. Mi piace quindi pensare che il 19 febbraio 2016, sia stato rilasciato un album di “musica tradizionale”.
Da dove ha inizio la “tradizione del 2016”? In questo caso, possiamo dire dall’invenzione del sintetizzatore naturalmente, dalle sapienti mani di Brian Eno, Kraftwerk, Giorgio Moroder, Klaus Shulze – solo per citarne qualcuno -. Artisti non sempre coerenti in un unica tradizione uniforme, ma con il sintetizzatore come denominatore comune. Tra i più disparati usi tradizionali dei synth c’è quello di Venetian Snares appunto, che sicuramente strizza l’occhio con nostalgia al florido periodo degli anni ’90. Tra cavi, oscillatori, inviluppi, input e output proviamo ad addentrarci tra le tortuose frequenze di “Traditional Synthesizer Music”.
L’album è attualmente disponibile in 2-LP, 2-CD ed in digitale via Planet Mu, ma rilasciato su Timesing, etichetta nata nel 2010 dalla mente di Aaron Funk e attualmente gestita da Planet Mu. Si snoda in 12 tracce nella prima versione, in altre 10 nella seconda, tra alternative e bonus tracks per un totale di ben 22 tracce. Due di queste (“Can’t Vote For Yourself” e “You And Shaya”) hanno l’aggiunta della versione video. Il video è utile per avere un’ idea visiva del come è stato realizzato questo lavoro.
Per noi comuni mortali, sembra decisamente un’impresa riuscire a tirare fuori dei suoni così ben amalgamati tra loro da un muro di cavi, luci, e circuiti elettrici. Un’impresa ardua quanto mai affascinante. Il monologo interiore di Venetian Snares inizia con “Dreamt Person v3” e “Everything About You is Special” dove emerge in primo piano il suo Es, governato dal principio del piacere. Il metodo, la conoscenza dietro alla follia iperbolica dell’album, concedono un susseguirsi sinuoso delle tracce, particolare a volte assente nelle sue precedenti fatiche spesso dirottate verso l’estremismo. “Slightly Bent Fork Tong”, “Magnificent Stumble v2” scorrono liquide in un flusso irrefrenabile di brekcore e IDM. “Decembers” è una di quelle tracce bastarde, la melodia è una di quelle che canticchi anche il giorno dopo, semplice ed incisiva, come il motivetto di quel videogioco con cui hai giocato tanto da bambino. Siamo alla traccia numero sei, l’esatta metà dell’album. E’ una cerimonia. Il connubio tra l’insanità dei suoni, il genio – o follia qualsivoglia – di Funk e la strabiliante esplorazione dei sintetizzatori modulari. Con “You And Shayna v1” incomincia l’escalation dell’album, esattamente come è giusto che sia. Ritmi sincopati in 32esimi, sequenze di drum random e in un attimo ti ritrovi sulla tua navicella personale pronto a goderti il cyber spazio. E perché no, anche qualche battaglia spaziale. “Goose And Gary v2” è elegante, e ci ricorda che non è sempre fondamentale crogiolarsi nell’ eccentricità. Ma è solo un attimo e siamo di nuovo a combattere battaglie intergalattiche. La colonna sonora è la traccia numero nove: “Anxattack Boss Level19 v3”, melodie missilistiche tra drum impazzite, e per me è una vittoria. “She Married A Chess Computer In The End” e “Health Card10” riportano alla mente gli artisti di casa Warp – Aphex Twin, Autechre e Squarepusher in primis- senza dimenticare la persuasione metallica tipica dei lavori di Venetian Snares. La puntina scorre sulla traccia di chiusura, ennesima conferma delle intenzioni di Aaron Funk di non regalare un album ricco della “sola” dimostrazione tecnica della potenza dei sintetizzatori modulari. “Paganism Ratchets” profuma dell’ultima pagina di un libro, quella che potrebbe –forse- rovinare tutto o renderlo indimenticabile.
Non sappiamo se questo sarà un album indimenticabile, se rimarrà senza tempo per aver provato a dare – chissà – un nuovo significato alla “musica tradizionale”. Di certo però, è stato stimolante scoprire quanto può ugualmente donare un album quasi privo di umanizzazione ma fecondo dell’ intelligenza delle macchine (IDM, ndr) che, unita a genio, sregolatezza, estro e conoscenza hanno permesso a tutti noi di poter viaggiare senza limiti.