Nel 2005 l’etichetta Californiana Ipecac Recording pubblicò la compilation “Crime And Dissonance” con lo scopo di raccogliere, in un doppio cd, le produzioni musicali cinematografiche di Ennio Morricone meno note, uno scrigno piuttosto nascosto e mai davvero passato sotto la lente d’ingrandimento facendo luce su una parte della sua carriera poco esplorata. La musica colta e le avanguardie hanno infatti rappresentato per lui, fin dai suoi primi passi, uno spartito sonoro importantissimo da cui attingere nuova linfa musicale proiettandolo sempre in uno spazio musicale di ricerca e innovazione. Lo stesso Morricone non ha mai nascosto le sue influenze da John Cage, tra i più influenti compositori del Novecento e precursore assoluto del concetto di musica contemporanea con i suoi profondi studi sulla semiografia, ovvero sui metodi per analizzare, classificare e comporre la musica. L’occasione dell’uscita del film/documentario “Ennio” di Giuseppe Tornatore, al cinema da oggi 17 febbraio, è stato per noi il gancio perfetto per raccontare il Maestro ponendo l’accento sul suo lato più avventuroso, sperimentale.
(“Crime And Dissonance”; continua sotto)
Un periodo storico, quello del Morricone “astratto”, che può essere catalogato dalla metà degli anni ‘60 alla fine dei ’70. Il GINC ne è un chiaro esempio: nel Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza, fondato da Franco Evangelisti dopo l’esperienza a Darmstadt (scuola di perfezionamento di musica contemporanea), il canovaccio classico della forma-canzone viene stravolto, saltano gli schemi e si punta principalmente ad arrangiamenti frutto della pura improvvisazione, con un inedito Morricone alla tromba e meno propenso alla composizione vera e propria. Tutta la trilogia “gialla” poi del primo Dario Argento vede un Ennio Morricone protagonista assoluto con suoni sempre più scuri e inquietanti, qualcosa che si avvicina molto alla ruvidezza di quello che nel tempo è stato definito noise, post-rock, abstract. Dal giallo al thriller poi, questa volta con l’arrangiamento delle musiche che accompagnano il film di Mauro Severino, “Vergogna Schifosi”, un vicolo sinuoso che si muove tra lounge e jazz, molto lontano dalle atmosfere ricreate nei film del compianto Sergio Leone.
Per un bel condensato di tracce che racchiudono quell’anima nascosta fatta di avanguardia e ricerca il podcast realizzato da Nts Radio nel ricordo del Maestro è un ottimo omaggio a quelle sonorità così intense. Ma noi abbiamo fatto di più: per approfondire l’argomento abbiamo chiamato in causa David Nerattini, storico collaboratore della Red Bull Music Academy e, tra le mille cose, anche batterista del gruppo La Batteria. Da sempre appassionato e profondissimo conoscitore di colonne sonore e library music (ma è riduttivo circoscriverlo a quel recinto: mettete subito nei vostri bookmark il suo Absolutely Free su Radio Elettrica, qui ad esempio la puntata del 14 febbraio 2022), ci ha presentato cinque brani che possano raccontare e descrivere al meglio il Morricone nascosto o, come ci piace ancora di più definirlo, “astratto”. Davvero un viaggio d’autore.
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Tracce scelte e commentate da David Nerattini:
“La nostra notte”, 1967 – dalla trasmissione RAI “Musica da sera”
Nel 1967 il trentanovenne Ennio Morricone grazie al successo planetario della “trilogia del dollaro” di Sergio Leone è una piccola star, tanto da meritare uno speciale della RAI a lui tutto dedicato (che potete vedere per intero su RaiPlay). Durante la trasmissione, condotta da Lisa Gastoni, Morricone esegue con l’orchestra della RAI un meraviglioso brano rimasto inedito dal titolo “La nostra notte”, pensato come veicolo per valorizzare le cantanti femminili de I Cantori Moderni di Alessandro Alessandroni.
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Gruppo Di Improvvisazione Nuova Consonanza – “Stridori”, 1971 – da “Eroina”
Nato ufficialmente nel 1964, il GINC era una specie di all-star di compositori contemporanei, capitanata da Franco Evangelisti, che si misurava con l’improvvisazione di gruppo (libera e su schemi) e come meta aveva il superamento della fase compositiva. Buffo quindi che fra i promotori e componenti fissi ci fosse proprio Morricone, notoriamente un “control freak” della scrittura, che con loro tornava al suo ruolo originario di “trombista” (come diceva lui) e dava sfogo al suo lato più astratto.
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“Poligoni”, 1972 – da “Dimensioni Sonore”
Figlio degli esperimenti con il GINC, questo brano fa parte di un cofanetto di dieci album di sonorizzazioni della RCA italiana condivisi con il collega Bruno Nicolai. Su un ritmo ossessivo di samba (alla batteria, come col GINC, c’è Vincenzo Restuccia), Morricone gioca con i timbri di uno dei primi synth monofonici – e probabilmente decide che non fanno per lui, visto che li utilizzerà poi pochissimo.
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“Infanzia, Evoluzione E Ritorno”, 1979 – da “L’Umanoide”
Ancora sintetizzatori, questa volta usati per sottolineare l’atmosfera sci-fi del film in questione e piegati alla poetica morriconiana, con gli arpeggiatori che ricamano melodie antiche, un borbottio di basso synth e gli archi che evocano lo spazio infinito.
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“Vidi Aquam Id Est Benacum”, 1994
Una composizione di circa venticinque minuti di quella che il Maestro chiamava la sua musica “assoluta”, dedicata al Lago di Garda nella sua parte più settentrionale, quella trentina. Qui Morricone usa un cellula di sei note (a cui ne aggiunge due nell’ultimo movimento) che distribuisce a cinque quartetti di musicisti, utilizzandoli in tutte le loro possibili combinazioni. L’effetto è quello di una composizione a strutture preordinate che lambisce il territorio dell’improvvisazione organizzata senza però perdere mai il controllo, sintetizzando in pratica la lezione di Nuova Consonanza e l’esigenza quasi fisica del Maestro di fermare su carta le proprie idee.