Se dovessimo raccontare la storia della progressive trance in Italia sicuramente inizieremmo con “c’erano una volta gli anni ’90”, visto quello che la progressive ha rappresentato nell’ultima decade del vecchio secolo, non solo un genere figlio della trance più vicina alla techno, ma qualcosa di più complesso oltre alla musica, contenitore di anime anche diverse tra loro, testimone e acceleratore di risvolti sociali: gli anni ’90, appunto. Per questi motivi parlare di progressive sarebbe un dovere, perché è un fenomeno ancora poco descritto e affrontato tutto sommato, affidato ai racconti orali, ai commenti nostalgici di YouTube o attraverso forum, gruppi Facebook, una manciata di documentari e libri oltre alle registrazioni dei set dell’epoca.
Da un punto di vista musicale nel calderone della progressive c’è un po’ di tutto, dalle cose più dream/mediterranean, in cui domina una melodia facilmente orecchiabile, atmosfere ipnotiche, rimandi al viaggio onirico e allo spazio con una cassa attenuatissima, fino alle sonorità più dure e veloci, molto più aderenti alla techno più acida e nervosa. In ogni caso si può considerare come un periodo d’oro per la musica elettronica italiana perché, seppur ancora acerba e ingenua in molti aspetti, la progressive italiana è riuscita a sviluppare un suono proprio, riconoscibile, oltre ad avere propri riti, codici o locali e, inutile negarlo, le proprie sostanza, come l’ecstasy o l’LSD.
Che il periodo sia stato fertile lo dimostrano le licenze estere dei dischi, che nel periodo fioccavano, le etichette straniere che stampavano direttamente gli artisti italiani (questo vi sembrerà scontato oggi, nel 1992 lo era assai meno), oltre naturalmente al successo radiofonico in programmi come il Deejay Time o Molly For Deejay, un’attenzione che poi diventerà progressiva commercializzazione, che però non sminuisce la tesi di base circa la rilevanza del genere nel periodo.
E poi ci sono produttori e soprattutto label, più facilmente inquadrabili rispetto a un mondo fatto di alias che dopo pochi dischi scomparivano, come la Synthetic Records del compianto Mauro Tannino, la Subway Records di Claudio Diva o la Discomagic di Severo Lombardoni, ma soprattutto il mondo Media Records di Gianfranco Bortolotti, a cui la progressive deve molto, in questo caso con sub-label come BXR o GFB.
Nonostante ciò, la produzione musicale dell’epoca non si può dire certo dire che sia rilevante oggi, nella musica elettronica italiana contemporanea. E’ rimasta la bellezza di certi dischi, perfetti ancora oggi, ma la progressive non è molto di più di questo ma restano semmai validi i meriti sociologici: l’aver portato l’elettronica in provincia, prendendo piede in varie parti d’Italia, facendo diventare improvvisamente importanti puntini sparsi nella cartina dell’Italia, come Ponsacco, Airasca, Tirrenia, Capriate, Campi Bisenzio o Aulla, perché ospitavano locali come l’Ultimo Impero, Torquemada, il Duplé, il Cyborg, l’Insomnia o l’Imperiale. Locali in cui si aveva il coraggio di osare, non solo con la musica e con i dj, che venivano identificati con il locale stesso, ma anche con gli orari, con gli allestimenti come gli show teatrali (come il Teatro Shock all’Insomnia o i Mutoid al Cocoricò), templi sacri per migliaia di giovani che da tutta Italia sciamavano per le strade della penisola alla ricerca di indirizzi letti solo sui flyer, senza navigatore si cercavano le carovane di auto per arrivarci, magari due o tre a weekend. Il nomadismo è forse il dato più caratterizzante del movimento, di questa massa che incurante dei sei-settecento kilometri a weekend, permetteva un incrocio costante di persone, un fenomeno rilevante, come Francesco Farfa, uno dei nomi più noti del periodo, ha evidenziato in una nostra vecchia intervista.
E’ vagamente pionieristico e simbolo di un’Italia che stava cambiando, finita la sbornia degli anni ’80 e la paura del pericolo rassicurante del blocco sovietico, una specie di botta di libertà.
Una sottocultura che non si distaccava molto da tutta la techno dell’epoca, in parte ne era organica ma aveva i propri miti, come i vocalist, figure che con il microfono ripetevano storie, frasi e urletti per far viaggiare il pubblico, in un ruolo quasi sciamanico. Una peculiarità tutta italiana nella sua rilevanza che, solo in tempi recenti e con la progressiva europeizzazione di promoter e di gusti, è stata eliminata (grazie Europa, aggiungiamo noi, riascoltare un set dell’epoca per credere).
Per tutte queste ragioni abbiamo deciso di stilare una lista di dischi progressive italiani dell’epoca, che non potrà certo essere esaustiva ma che vuole solo raccoglierne alcuni dei più significativi, pescati tra tanti classici che ci hanno anche fatto scoprire quello che rimane, oggi, della progressive, un mondo fatto di molti che dimostrano ancora il proprio attaccamento, attraverso i commenti sui social, specie su YouTube, condividendo i propri ricordi e le emozioni che quei dischi suscitavano e suscitano. Nostalgia dei tanti che c’erano e che che abbiamo voluto includere in questa lista, estrapolando un commento per ogni disco, anche se sgrammaticato, perché testimonia al meglio l’impatto della progressive sulle folle e sui locali dell’epoca.
The Age Of Love – The Age Of Love (Watch Out For Stella Club mix) (1992, The Age Of Love (The Jam & Spoon Mixes), React Records)
Non proprio italiano, quantomeno non del tutto. L’originale datato 1990, prodotto da Bruno Sanchioni e Giuseppe Cerchia, rimane praticamente nell’ombra fino al 1992 quando React, pubblicando il remix di Jam & Spoon, lo lancia nell’olimpo dei dischi immortali. La traccia trance per eccellenza, fuori classifica.
“Mi viene da piangere…Che ricordi…”
Unity 3 – The Age Of Love Suite (1992, The Age Of Love Suite, Novamute)
Uscito su Novamute, la sorellina di Mute Records (Depeche Mode, vi dicono niente?), il disco a firma Scalambrin, Chighine, Franciosa porta il movimento progressive nel paradiso discografico e riempie gli scaffali dei negozi di dischi londinesi, facendo impazzire i più esperti clubber inglesi, nel pieno del movimento rave.
“For me, one of my top Classic Trance Picks. I still remember loosing myself on a dancefloor in Dublin to this track when i first encountered it, and to this day it still brings back those great memories. Right on the nose, i’d forgot this little belter.”
Roland Brant – Nuclear Sun (1993, Nuclear Sun, Désastre Records)
Parlando di dream progressive è impossibile lasciare fuori Roland Brant e soprattutto il club dove è stato resident, il Duplé di Aulla. “Nuclear Sun” è il disco inno di quel locale, fino ad uscire dalle mura del locale ed approdare anche nel romanzo di Giorgio Faletti “Io Uccido”.
“Questa è la PIU’ bella canzone che abbia MAI ballato…in ASSOLUTO! se l’ascolto piango ancora, mi vengono i brividi…quando la mettevano, buio, luce laser, fumo da disco…non c’era niente che potesse tenermi…dovevo BALLAAAAAAREEEEEE!!!!!!”
Aurora – Aurora (1994, Aurora, Subway Records)
La Subway Records di Claudio Diva è un altro pezzo di storia della progressive italiana, “Aurora” è uno dei dischi più famosi del periodo, le atmosfere oniriche e spaziali trovano l’ennesima applicazione perfetta che ha caratterizzato il periodo progressive/dream italiano.
“Questo pezzo è stato la colonna sonora degli anni più belli delle superiori quando ero spensierata e pensavo solo ai rave e alle feste! Mi viene da piangere per l’emozione!”
Alex Silvi – Atomic (Classic remix) – (1994, Atomic (The ’94 Remixes), not on label)
La traccia originale del 1993 era leggermente più lenta, anche se l’autore era il medesimo ma a nome Alien Signal (qua c’è anche lo zampino di Mauro Tannino), è forse il disco progressive più famoso a Roma e dintorni. La voce finale “I wish you could have told me how Tommy died, but I guess we have to be careful about security and all. Im glad he was brave and did his job to the end; maybe his mother and I raised him right after all” è tratta dal film Memphis Belle.
“LA TRACCIA IN ECCELLENZA DI QUEI TEMPI ANDATI E DI QUELLE NOTTI INDIMENTICABILI….L’INNO DI ROMA!!! SE VIAGGIAVA CO STI PEZZI.”
Ziet-O – The Sheltering Sky (1994, The Sheltering Sky, Area Records)
La Toscana diventa la regione icona dell’intero movimento, grazie a club oramai divenuti leggendari come Imperiale o Insomnia e ad alcuni producer e dj che alla progressive devono tanto. “The Sheltering Sky” é uno degli esempi più riusciti, Francesco Farfa e Joy Kiticonti remixano alla grande Ryuichi Sakamoto senza sminuirlo, anzi, trasformando “The Sheltering Sky” in una traccia da club, immortale.
“Siiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii e sale saleeeeeeeeeee e non fa maleeeeeeeeeeeee eeeeeeeeeee oooooooooooooooooooooo”
Tannino & Di Carlo – Celestia (1995, Nice Trip, Synthetic Records)
Probabilmente il duo più importante della progressive italiana, con un ruolo fondamentale nello sviluppo dei rave romani. Tra i tanti dischi diventati icone, come “Land Of Oz” o “Goblin”, scegliamo “Celestia”, una traccia unica ed emozionante, un viaggio dream progressivo da lacrime, traccia da chiusura per eccellenza.
“A belli questo era il suono di Roma… Mauro Tannino e WorteX. il VIRUS… IL GASOLINE. mix fm, i bresaolaaa… sotto antreno lombrellaro, acqua piper, ostia lido, il ciborg di attigliano… l’arabesk… ecc… noi eravamo tutto questo… Fino a Cirillo all energi di Zurigo… cazzo bei tempi… E storia…”
X Form – Pleasure Voyage (1995, Pleasure Voyage, Vertikal Records)
Un disco semplicemente pazzesco, la partenza con il campionamento del countdown del lancio dell’Apollo 13, la voce italiana che nel 1970 ne descriveva le varie fasi e poi l’allunaggio e i vagiti di un bambino. Suoni e struttura della traccia sembrano portarci veramente dentro l’Apollo 13, mentre il modulo spaziale lascia l’atmosfera e si spinge verso la Luna, fino all’atterraggio.
“Cazzo raga, distanza di vent’anni mi sto facendo gli tessi viaggi di allora. Che canzone questa, me la sono sparata ad un volume immorale. SPETTTTTTTTACOLO”
2 Culture In A Room – Android (1995, Android, In Lite)
Prodotto da Gianluca Cavicchi e Max Ricci, diventa da subito un disco simbolo, suonato praticamente ovunque. Uscirà anche una versione con vari remix, tra cui quello più famoso è quello di Gigi D’Agostino, forse più famoso dell’originale, a cui parteciparono anche molti della scena romana dell’epoca, come Bismarck o Luca Antolini e Sergio C.
“Disco non commentabile… Troppi viaggi percorsi assieme”
Overture – Spanish Dream (piano version) (1995, Spanish Dream, Officine Fiorentine)
Difficilmente troverete un set progressive del tempo senza Spanish Dream, in una delle versioni del disco, numero di catalogo 003 e 005. Dietro al moniker si cela Pietro Pancani, che riprende e remixa l’originale “Poem Without Words” di Annee Clarke e, grazie alla combo synth, giro di piano killer e cassa crea un anthem vero e proprio. Un classico per cui è impossibile rimanere impassibili, lacrime e abbracci in pista.
“Jeans, maglietta, scarpe da ginnastica, musica e magia… non avevamo bisogno di altro per volare…“
Bismark – My World (1996, My World, BXR)
I credits del disco menzionano anche Mauro Picotto e Riccardo Ferri oltre ad Andrea Remondini e lo stesso Bismark, “My World” è un ottimo esempio di disco progressive in cui convivono i due poli su cui ondeggiava il genere, da una parte tappeti sonori che rimandano a viaggi spaziali, dall’altra la cassa veloce e distorta tipica delle cose più acide del periodo. Il disco ha due versioni molto diverse, in cui la parte del leone la fa la versione “Silver Moon Mix”, più acida, nervosa, ma anche più “spaziale”.
“Ricordi e ricordi…”
Sinus – Blob (1996, Sinus EP, Sinus Records)
Il sogno diventa incubo, cassa dritta e synth acidi all’inverosimile, un disco in cui la techno capostipite del genere emerge prepotentemente.
“A ki lo dici… nonostante o 40 anni in kuei stupendi anni le gambe saltavano saltavano…”
RAF by Picotto – Ocean Whispers (1996, Ocean Whispers, GFB Records)
Tra i nomi italiani usciti dal periodo progressive impossibile non citare Mauro Picotto. La melodia è un giro di sax semplice, perfino banale, che Picotto trasforma in un disco progressive caldo e ballabile. L’etichetta è GFB Records, un acronimo che sta per Gianfranco Bortolotti, mister Media Records: padre, padrone, padrino a cui tutto il movimento dance italiano deve più di un favore.
“Bellissimo mi fa tornare indietro nel tempo….. Ancora conservo la musicassetta: Hit parade dance progressive 2… anno 95/96….. mario più, urban tribe feat cristiano,glissando, bismark…. ecc….. MAGNIFICIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!!!!!!!!”
Ricky Effe – What Is Love (1996, Skunk EP, Magnetik)
Ricky Effe è probabilmente uno dei migliori produttori del periodo, “What Is Love” si muove agilmente tra la progressive e la techno, senza mai risultare né troppo veloce e acida né melodica. Equilibrio.
“Spettacolare……in quegli anni comprai i miei primi dischi…questo e uno di quelli e me lo conservo con gelosia!!!”
Saccoman – Sunshine Dance (1996, Pyramid Soundwave, BXR)
Sulla riviera non stavano certo a guardare, loro che un certo modo di fare clubbing l’avevano inventato. A Rimini il Cellophane con Gianni Parrini e al Cocoricò, tra gli altri, Saccoman. “Sunshine Dance”, che contiene il sample di “Everybody’s got to learn sometime” dei The Korgis, è l’ennesima bomba uscita su BXR, sembra prodotta appositamente per essere suonata quando in piramide sta per arrivare l’alba, sarà per questo che è una delle tracce più famose dei Memorabilia del Cocoricò.
“Ma come nn si fa a piangere e poi a sorridere. ai ricordi…che ora mi son venuti i capelli bianchi…”