Ogni tanto ci dimentichiamo che la musica è, prima di tutto, bellezza. Bellezza estetica, bellezza formale, bellezza del contesto; ma soprattutto, bellezza emotiva. E’ qualcosa che ti fa stare bene – e in quanto tale è qualcosa di prezioso, preziosissimo. Ecco, quando ti capita di passare un paio di giorni a Venezia – che è uno dei più incredibili contenitori di bellezza al mondo, soprattutto quando non sei intruppato in qualche ingorgo da turismo mordi-e-fuggi – tutte queste cose ti appaiono ancora più nitide. E’ un posto incredibile, Venezia, anche perché diventata un porto franco per un sacco di istituzioni e fondazioni legate all’arte, alla produzione artistica: tra il fascino pazzesco del luogo, di cui tutti quelli che possono (e anche quelli che non possono…) vogliono addentare una parte, e l’onda lunga della Biennale va detto che la Città dei Dogi è un posto dove si respira arte come in pochi altri luoghi al mondo. E intendiamo: arte come produzione, come lavoro, non solo come bellezza sfolgorante dei monumenti che ti circondano. Un aspetto spesso sottovalutato, se ci si limita ad uno sguardo superficiale.
…ma un aspetto che non è per nulla sottovalutato dalle istituzioni svizzere. Istituzioni che non solo hanno un Consolato in città, a Palazzo Trevisan degli Ulivi, ma lo hanno anche e soprattutto reso uno snodo importante di Pro Helvetia, la fondazione che – citiamo testualmente – “sostiene l’arte e la cultura svizzera e ne facilita la diffusione” operando in tutto il mondo e dando vita a iniziative che sono veri e propri stimoli culturali (…e non mere passerelle per fortunati che riescono ad intercettare piccole concessioni e timbrano al volo cartellini da presenzialismo). New Echo System, il progetto creato e pensato per Pro Helvetia da Enrico Bettinello, è un esempio perfetto di tutto questo. Non lo diciamo per sentito dire, o per marchetta concordata: siamo andati veramente a controllare con mano. E quello che abbiamo visto ci ha abbastanza impressionati. Soprattutto: una volta di più, ci ha consentito di (ri)assaporare perché la musica può davvero renderci la vita migliore.
Ovvio: ritrovarsi a Palazzo Trevisan, con una incredibile vista sul Canale della Giudecca, predispone bene a qualsiasi cosa. Ma la residenza d’artista a cui siamo stati invitati, che ha visto protagoniste Andrina Bollinger (già nelle Eclecta e ora in rampa di lancio da solista) ed Alessandra Bossa (tra le altre cose, metà dell’ispiratissimo duo O-Janà), ha avuto qualcosa in più. E questo qualcosa in più nasce in primis dalle stesse due protagoniste. New Echo System ha come format predominante il principio di far interagire artisti svizzeri ed italiani, per vedere “cosa ne viene fuori”: scegliere Andrina ed Alessandra – che mai avevano collaborato prima, e che per certi versi arrivano da background diversi, alternative-pop per la svizzera e classica ed improvvisazione per l’italiana, col jazz e l’elettronica a fare in varie gradazioni da territorio comune – è un passo fondamentale e non scontato. Facilmente sono artiste che non conoscete bene, che magari addirittura non avete mai sentito nominare, e allora è il caso prima di fare una video-presentazione con materiale già registrato dalle due (per la cronaca Alessandra è quella-che-non-canta, nel video delle O-Janà):
Le due artiste, messe così a confronto, sembrano più simili di quello che sono in realtà: entrambe raffinate, entrambe dedite ad una musica delicata, sofisticata, ricca di sfumature, di innovazione ed al tempo stesso di compostezza. Ok. In realtà come si accennava più sopra le cose non sono però così semplici. Ci sono terreni comuni, certo, ma ci sono anche contesti d’azione e background diversi; c’è un gusto condiviso, ma c’è anche un modo molto diverso di intendere la musica e il palco (Andrina lavora per sottrazione, Alessandra per dinamica teatralità). Insomma: non era scontato che andasse tutto bene. C’era anche, addosso alle due artiste, un po’ il “peso della responsabilità”: essere ospitate a Venezia per giorni, invitate a creare musica in un luogo così speciale, portava a un senso del dovere doveroso ed al tempo stesso sbagliatissimo. Come è stato detto infatti dagli stessi responsabili del progetto alle due: “Non preoccupatevi. Il senso di questa esperienza è anche viversi la città, respirarla, prendersi delle pause per camminare in giro ed immergersi in essa”. Quanto volte dimentichiamo questo? Quante volte pensiamo che la musica debba più che altro essere un economicamente e temporalmente ottimizzato mezzo di soddisfazione delle nostre esigenze e/o dei guadagni di un sistema industriale? Se ci lamentiamo che la musica si impoverisce e si appiattisce sempre più, è anche perché fatichiamo a vedere un’alternativa al pop su larga scala, all’elettronica fatta per far ballare la gente o per soddisfare gli opinion leader della mondanità, al rock che deve piacere ai critici e/o che deve farci fare bella figura a noialtri quando ne parliamo agli amici… Siamo un po’ in questa trappola, e spesso manco ce ne accorgiamo.
Quante volte pensiamo che la musica debba più che altro essere un economicamente e temporalmente ottimizzato mezzo di soddisfazione delle nostre esigenze e/o dei guadagni di un sistema industriale?
Qualche giorno a Venezia invece ha fatto capire che bisogna stare attenti. Che la creatività è un bene prezioso. Non un bene elitario, attenzione: nel costruire il live da presentare al pubblico alla fine dell’operazione, sia la Bollinger che la Bossa sono state infatti attentissime a trovare il giusto equilibrio nel coinvolgere e “catturare” le persone. E per quanto riguarda le persone stesse, percepiscono che New Echo System non è solo un gingillo per persone snob che si annoiano ma è, invece, un’entità parecchio vitale, con uno sguardo incisivo e non scontato sulla contemporaneità: infatti lo show di Andrina Bollinger e Alessandra Bossa è andato sold out, e lo stesso sta per succedere col prossimo appuntamento, domani 29 ottobre, col jazz minimalista ed ipnotico degli Hely (sempre a Palazzo Trevisan, guardate qui se ci sono ancora ingressi disponibili; e se pianificate di fare un salto a Venezia segnate sul calendario il prossimo 3 dicembre, quando incroceranno le armi creative la notevole label svizzera -OUS e il network veneziano Venice Electroacoustic Rendez-Vous).
(Alessandra Bossa, a sinistra, ed Andrina Bollinger dal vivo a Palazzo Trevisan; continua sotto)
Il risultato finale? Una somma dell’identità delle due artiste, con relativi “incontri” e compromessi. Compromessi al rialzo, però, giocati sulla voglia non della lotta di potere o dell’affermazione della propria cifra stilistica ma su quella di offrire lo spettacolo migliore possibile. In un sistema – e vale per rock, pop, elettronica, anche per il jazz – in cui si premia sempre più chi è in grado di ottenere lo slot migliore in line up, il nome più grosso in locandina, il piazzamento maggiore sugli algoritmi di Zuckerberg, (ri)scoprire questa attitudine “pura” alla creazione musicale è una profonda, bellissima boccata d’ossigeno. Altri campi d’espressione artistica lo hanno capito: lasciare uno spazio per una produzione libera da compromessi (ma non liberà dalla responsabilità verso il pubblico) è fondamentale per preservare l’espressione artistica in sé e, anche, la sua rilevanza nel mercato. Ma bisogna saper seminare, non solo raccogliere.
Non sappiamo se questa residenza d’artista cambierà la vita ad Andrina o ad Alessandra, e non sappiamo se le persone che hanno riempito fino all’ultimo posto Palazzo Trevisan per sentirle suonare per la prima volta insieme si riveleranno subito massa critica sufficiente per far decollare la loro carriera. Ma sappiamo di sicuro che sia per la Bollinger che per la Bossa è stata una bella esperienza, che le ha portate ad affinare ed approfondire le loro tecniche di creazione e d’interazione artistica; sappiamo che per chi è venuto al concerto è stata una serata bella davvero, in cui una volta di più ti ricordi che la musica può essere un’esperienza di soddisfazione intensa al di là di ogni esigenza di mercato, di moda e di presenzialismo; sappiamo che Pro Helvetia, Bettinello e le varie realtà coinvolte nell’operazione New Echo System (Palazzo Grassi – Punta della Dogana, Jazz Area Metropolitana, il Cully Jazz Festival che fra qualche mese ospiterà a sua volta questa collaborazione inedita) hanno offerto qualcosa di prezioso a Venezia, “restituendo” parte della bellezza che la città offre – a chi ne sappia far tesoro – quotidianamente a chi la visita. Dal bene non può che nascere bene. Non è mai uno spreco.
Ossessionati come siamo – artisti, ma anche ascoltatori – da classifiche di popolarità, guadagni, numeri social, dovremmo ricordarci più spesso che un “altro mondo” non solo è possibile, ma anche profondamente necessario
Ossessionati come siamo – artisti, ma anche ascoltatori – da classifiche di popolarità, guadagni, numeri social, dovremmo ricordarci più spesso che un “altro mondo” non solo è possibile, ma anche profondamente necessario. Il che non significa sperare in un arte che sia solo un grazioso “gettone a perdere” in cui non esiste imprenditorialità, ma solo mecenatismo; con Andrina ed Alessandra nelle chiacchiere pre e post-concerto si è parlato parecchio di carriera, di mosse da fare per arrivare a far conoscere la propria musica a più persone possibile, di come si muove il mercato, di come si intercettano i trend. Anche questo oggi fa parte delle skill di un musicista perché, appunto, non viviamo più nelle corti rinascimentali e non è il caso di fare affidamento agli umori del Lorenzo de’ Medici di turno (…che oggi magari è un magnate petrioliere con zero gusto e molta volgare ostentazione, o un magnate messicano loscamente arricchito). L’ecosistema-musica, in cui attenzione comprendiamo sia la creatività pura che l’industria concreta, ha bisogno di diversità. Ha bisogno di prendersi delle pause, dove agire senza vincoli e lasciandosi guidare più dall’istinto che dalla necessità. Sono momenti rinfrescanti. Sono momenti fondamentali.
E l’intreccio a cui hanno dato vita Andrina Bollinger ed Alessandra Bossa, tra pianismo jazz “nordico”, striature di pop lunare ed irregolare, battiti techno, improvvise destrutturazioni in forma libera, è stato molto bello – e non è stato qualcosa che sentiamo spesso. Doppio pregio, questo. Soprattutto: è stato molto onesto e molto sincero, ecco, non solo elegante e raffinato. L’arte migliore nasce dall’onestà: è grazie ad essa che poi può approcciarsi all’industria senza venirne maciullata nell’animo. Arricchita magari nel portafogli, nei casi più fortunati; ma spesso maciullata nell’animo. Sì. Quanta ne abbiamo vista. Quanta. Ma non in un weekend a Venezia due settimane fa, non nello spirito di Pro Helvetia, non con Andrina, non con Alessandra. Sì: è stato tutto molto prezioso. Ce lo teniamo stretto. Condividendolo il più possibile.