Ci sono diversi party e diverse organizzazioni che abbiamo imparato ad apprezzare nel corso degli anni, ma quelli che sono arrivati a festeggiare il decimo compleanno sono davvero rari: in dieci anni cambiano davvero un sacco di cose, le mode vanno e vengono, generazioni di appassionati perdono l’entusiasmo e nuove generazioni si affacciano sulla scena, per cui restare sulla cresta dell’onda è davvero difficile, soprattutto in un panorama assolutamente unico come quello napoletano.
Woo! festeggia il proprio decimo compleanno proprio questo autunno, con una serie di eventi che coinvolgono non solo il capoluogo campano ma anche Londra e Berlino, e in occasione di una celebrazione così speciale abbiamo deciso di scambiare quattro chiacchiere con Augusto Penna, il fondatore dell’organizzazione, che come ci aspettavamo ci ha offerto un punto di vista estremamente esperto e maturo sul clubbing presente, passato e perché no, futuro.
Arrivare a dieci anni non è certo qualcosa che succede a tutti i party: cosa pensi che serva per andare avanti così a lungo?
Il mondo dei promoter oggi non è molto distante da quello di dj e produttori. In molti, quasi tutti lo fanno per poter essere al centro dell’attenzione, per poter dire “io sono questo e io ho fatto questo“, perché credono di diventare parte di uno star-system che non sempre rispecchia le loro aspettative.
E cosi nascono, chiudono qualche nomone ormai nel dimenticatoio che qualche agenzia furba gli propina al prezzo della sua migliore stagione e floppano. Dov’è l’amore per la musica? Io tra electrocasbah e Woo!, nato subito dopo, sono quindici anni che amo profondamente ciò che faccio e prima ancora l’amavo da fruitore acquistando dischi e andando in giro per concerti e festival. Un amore viscerale, folle, che a volte ha portato a delle grosse sconfitte ma che non ha mai vacillato. Io ho sempre bookkato gli artisti che avrei voluto sentire e che non arrivavano a Napoli. Possiamo dire che tutto nasce così.
Vivevo a Roma, lavoravo come caporedattore per una nota società di produzione televisiva e il giovedì andavo al Goa. Uno o due week-end al mese però scendevo a Napoli dove il movimento era bello attivo ma si sentivano sempre le stesse cose.
E allora decisi che la musica che sentivo a Roma l’avrei portata a Napoli. In quattro mesi ho lasciato un bel lavoro, un bello stipendio, per qualcosa che sarebbe potuto essere solo un gioco. Se non è amore questo. E oltre l’amore ci vuole energia. Quando stava venendo a mancare ho incontrato Raffo de Luca, il mio socio da quattro anni, una forza della natura. Non so diversamente se sarei arrivato al decennale.
In un settore in cui sembra sempre più difficile prendersi dei rischi, Woo! cerca spesso di battere strade non ancora percorse, ospitando artisti mai visti in Italia o organizzando eventi in location inusuali. Come fate a scoprire queste chicche prima degli altri?
Sia io che Raffo giriamo davvero tanto. Lui ha trent’anni, ovvero dieci in meno di me e non si abbatte mai. Io arranco ma gli sto dietro e il nostro peregrinare porta sempre dei risultati. Il segreto è, sia esso un club o un festival all’estero dove andiamo, ascoltare sempre almeno un paio di artisti di cui sappiamo poco o niente.
La maggior parte dei promoter va sempre negli stessi festival e negli stessi club dove suonano sempre gli stessi dj in un mondo di autoreferenzialità totale dove sembra che tutto sia sempre fermo.
Ma da un certo punto di vista lo capisco. Si va nei posti dove suonano i big per poterli portare poi a suonare nel proprio club. Solo che l’Italia e Napoli soprattutto hanno una cosa unica al mondo. L’imprevedibilità.
Puoi bookkare la line-up più fantasmagorica e sulla carta vincente del momento e toppare alla grande. Poi puoi ospitare un artista emergente o un nome medio e fare numeri inaspettati. Questo è quello che ancora mi fa amare ciò che faccio. Nulla è cosi scontato.
Quali sono gli artisti che hanno “fatto il botto” e che siete più orgogliosi di aver scoperto?
Beh ce ne sono un bel po’. Marea, The Black Madonna, è senza dubbio un’artista con la quale abbiamo un rapporto speciale. Siamo stati i secondi in Europa (e primi in Italia) ad ospitarla e lei non perde occasione per ricordarlo pubblicamente. Ascolto tanta musica ed ero rimasto piacevolmente colpito da “Stay”, per semplicità e potenza. Inoltre leggevo di questa donna che era stata anni al fianco di Franke Knuckles e pensai “se solo ha preso un pochino dell’arte di Knuckles può lasciarci di stucco“. E la bookkai. E dopo di me la proposero gli amici del Secret Sundaze e poi sappiamo com’è andata la storia e Marea dove è arrivata.
Nina Kraviz storia simile, ma siamo stati i primi a Napoli nel 2010, credo i secondi in Italia. Anche i Noze, il duo francese che fino a qualche anno fa imperversava ovunque, li abbiamo bookkati per primi. Vidi un video di Mandy a Miami che suonava “You Have To Dance” e impazzii. Non fu semplice risalire agli artisti, la traccia non era ancora uscita, ma una volta trovati e portati qui a Napoli si creò un fenomeno da millecinquecento persone fisse con loro.
Il mio socio Raffo de Luca tre anni fa mi parlò di un certo Palms Trax imponendomi di bookkarlo e anche in quel caso siamo arrivati primi. Comunque sono davvero tanti i nomi che abbiamo scoperto o quelli che per primi siamo riusciti a portare a Napoli come Matthew Herbert, John Talabot, DJ Koze.
L’ultimo nome risale a un mese fa. Octo Octa, fenomenale, anche a sto giro primi in Italia. Tutte cose che ci riempiono di orgoglio e stimolano ad andare avanti.
Oltre agli ospiti internazionali, valorizzate spesso anche talenti italiani. Quali sono secondo voi dei dj italiani che ancora non conosciamo e che invece dovremmo?
L’Italia è piena di talenti ma la nostra estrema esterofilia spesso ci ha portato ad inseguire lo straniero a tutti i costi. Sarò di parte ma nel nostro clan c’è un vero e proprio portento, Gi Napoletano, che ha una visione della techno davvero moderna, diversa e non catalogabile. Non a caso noi, pur non essendo proprio una realtà techno, lo abbiamo inserito da un anno e mezzo tra i nostri resident con grande reazione da parte del nostro pubblico. Poi c’è la nostra musa ispiratrice, Aldoina, apprezzatissima da Dixon e Ame che pur essendo più conosciuta, meriterebbe di sicuro più visibilità.
Un altro che è un talento immenso che sponsorizzo sempre pur essendo parte di un gruppo competitor è Agostino Casillo.
Tra i tanti artisti che avete ospitato, quali sono stati quelli che hanno segnato i momenti più importanti per la crescita del party? E quali quelli che secondo voi incarnano maggiormente lo spirito di Woo!?
Beh portare Dixon all’arenile sei anni fa è stata una svolta. Eravamo un party più piccolo e ci trovammo dinanzi milletrecento persone. Non era la sua prima volta a Napoli, aveva suonato anni prima quando uscì quel capolavoro di compilation su Get Physical ma diciamo che era passato inosservato. Dopo quella sera ci fu chiaro che potevamo fare cose piccole (più nelle nostre corde) e cose più grandi il tutto senza snaturarci. Altro momento chiave Domenica 19 novembre 2017, Woo! riporta a Napoli Laurent Garnier dopo nove anni. Ricordo che nessuno ci credeva, in tanti gli stavano dietro da anni. Ma all’ADE l’anno prima ero con la mia fidanzata all’aeroporto ad Amsterdam e stavamo per tornare e lei mi fa “Ma è Laurent Garnier quello”. Io non dormivo da quattro giorni ma sentii che dovevo fermarlo. “maestro salve sono un suo fan ed un promoter napoletano, ho appena finito di leggere “Electrochoc”, bellissimo, comunque Napoli la aspetta, è possibile una foto insieme?”. Lui fu gentilissimo e mi diede la sua email personale.
Errore imperdonabile, da li partì il mio stalking. E rispetto alla seconda parte della domanda, come artisti che incarnano a pieno il nostro spirito penso a The Black Madonna, Roman Flugel, Acid Pauli, Moscoman artisti che amano il nostro pubblico e la nostra città, che sono interessati alla nostra storia, al cibo, che hanno trascorso giorni a Napoli.
Woo! è anche tra i promotori di alcuni grossi festival ed eventi one-shot, come DTN o la tappa italiana di Lost In A Moment. Quali sono le differenze principali tra organizzare un evento in un club e un festival?
Il DTN Don’t Touch Naples festival è stato un’esperienza meravigliosa terminata due anni fa dopo la settima edizione. Abbiamo avuto la possibilità negli anni di utilizzare location meravigliose come la Villa Floridiana in cui facemmo una versione totalmente dedicata agli artisti napoletani, che poi è stata quella di maggior successo, o il Parco Virgiliano, l’acciaieria sonora etc. E di ospitare tanti artisti sia dj che live. Ma devo dire che le istituzioni non ci hanno mai aiutato nemmeno con un semplice patrocinio e trovare sponsor al di sotto di Roma come sapete è impresa più che ardua. Un vero peccato perché il concept di “giù le mani da Napoli” si è rivelato poi azzeccato. Lo concepimmo in un momento in cui di Napoli si dipingeva solo la spazzatura e la camorra e volevamo portare avanti il pensiero musicale di una Napoli viva e vegeta. Gli addetti ai lavori di mezzo mondo rimasero affascinati dal nostro concept, purtroppo però qui solo porte in faccia. Comunque è un discorso per me ancora aperto chissà che prima o poi…
Il Lost in a Moment è stato probabilmente il momento più significativo del percorso di Woo!, non ho risposto prima per non scoprire la domanda. Erano 4 o 5 anni che lavoravamo con Dixon, Ame, Schwarz, Worgull, Sibold etc e andammo al LIAM a Barcellona durante il Sonar, nel 2014. La festa fu una bomba e proposi a Steffen di portarla a Napoli. Lui disse che si poteva fare ma che avremmo dovuto rispettare tutta una serie di richieste. In primis avremmo dovuto trovare un posto magico, mai utilizzato prima per eventi simili, dove “perdersi per un momento”. Un pomeriggio ero a passeggio con mio figlio all’interno della Mostra d’Oltremare e spuntai su un laghetto con una decina di papere e un castelletto in mezzo. Mai visto prima. In un secondo capii che loro sarebbero impazziti per quella venue e cosi fu.
Il 10 maggio 2015 (stesso giorno dello scudetto del Napoli) ci fu il primo Lost in a Moment organizzato in Italia con Dixon, Ame, Recondite, Marcus Worgull e la nostra resident Aldoina, prima italiana a suonare ad un LIAM.
Avete portato Woo! anche a Berlino e Londra. Quali sono le caratteristiche distintive di Woo! che portate anche all’estero? Di cosa non riuscite a fare a meno quando portate i vostri party in giro per il mondo?
Diciamo che Woo! è sempre stata considerata come una famiglia, un clan in senso buono. Io ho vissuto a Londra per quasi 5 anni nel complesso e ho molti amici li, sia italiani che di tutto il mondo. Quando facciamo festa li la gente aspetta come una riunione di famiglia, un evento in cui poter esprimere il proprio lato più caldo, quello che spesso non riescono ad esprimere ai party locali. Per Berlino stessa cosa, il nostro spirito di famiglia, di unione sorprese anche il proprietario del club dove facciamo party, il Burg Schnabel. Ricordo che sia io che Raffo eravamo all’entrata e abbracciavamo tutti quelli che entravano, uno per uno. Gente che vediamo due o tre volte all’anno. E ricordo la sua faccia alquanto sorpresa. E poi naturalmente sia essa Napoli, Berlino o Londra, la nostra offerta musicale è sempre di qualità e ricerca.
Nel corso di questi dieci anni sicuramente vi sarete tolti molte soddisfazioni, ma è legittimo pensare che non tutto sia sempre andato come speravate. Quali sono state le vostre più grosse delusioni?
Tre su sette edizioni del DTN sono state fallimentari, tre sono state dei pareggi e una soltanto è stata un successo. Quando ci metti l’anima e costruisci qualcosa di speciale e ci perdi tanti soldi è dura.
Soprattutto se amici e addetti ai lavori di tutto il mondo ti dicono “Con una line up simile sarebbe andato sold out in tre giorni in qualunque posto al mondo”. In qualunque posto tranne Napoli. Napoli ha un bacino di utenza con enorme bagaglio musicale. Il problema è che questi ragazzi a un certo punto si sono allontanati dal club e hanno deciso di andare a ballare in club e festival all’estero snobbando la nostra scena. E di sicuro non è solo colpa loro. E poi c’è il fenomeno reggaeton e trap che, è inutile nasconderlo, toglie tanti ragazzi alla scena club. E a me “ven a chiagner”, mi viene da piangere.
Ultimamente sembra che Napoli stia vivendo un periodo di grande attenzione mediatica, grazie anche ad alcuni artisti che hanno messo la città sotto i riflettori, penso ad esempio a nomi molto diversi tra loro come Liberato e Nu Guinea, che pure non sono certo personaggi del tutto “nuovi”. Questo cambia qualcosa per chi come voi è sulla scena da tanto tempo?
Per me Liberato e Nu Guinea sono due cose diverse. Il primo non ha esercitato alcun fascino su di me, trovo le sue canzoni belle per due ore e stento a capire il suo enorme successo. Discorso diverso per i Nu Guinea. Mi sono
innamorato del loro disco e li conosco da quando erano due prodigi della techno minimale. Massimo di Lena, il fu Massi DL, ancora minorenne usciva su etichette come SOMA e fu notato dal mio socio di etichetta Casbah Recordings, Massimiliano Abbatangelo. Credo che fummo i primi a metterlo sotto contratto come dj, era ancora minorenne e avemmo quindi la firma di un genitore.
Lucio stessa storia, un giovane portento che con “Magic M” su Cocoon riportò Napoli in classifica. Lui però
apparteneva ad un’altra crew. Trovo meraviglioso il loro percorso e sensazionale la ricerca che hanno fatto nella musica di anni in cui non erano nemmeno nati, per portare alla luce “Nuova Napoli”.
Per rispondere alla tua domanda credo che possa essere d’aiuto al brand Napoli a venire fuori su più fronti e spero che un giorno, non lontano, questi fronti diventino un fronte unico, magari un festival da esportare nel mondo, un prodotto DOP.
Dove pensate che sarete tra altri dieci anni?
Io spererei in pensione ma quando lo dico alle persone a me vicine mi ridono in faccia. Dicono che io senza musica e club non posso vivere. D’altronde quest’anno, oltre i dieci anni di di WOO! festeggio i venticinque anni di dancefloor. Era il 5 marzo del 1994, Ecchereccà III, un party mito del gruppo United Tribes, su cui esiste uno splendido libro uscito qualche anno fa. Raffo, il mio socio, che avrà la mia età di oggi, sarà al Berghain.